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A scuola 7 agosto 2004 Lasciare
ad altri il compito di pilotare la propria vita non esime dalle
responsabilità. Si ha un diritto certo e, nascendo, nessuno può
toglierlo. E anche quando così sembra, è solo la vita fisica che viene
meno in una scena dove l’insieme contempla necessità che quasi sempre
sfuggono a chi pensa che la vita si esaurisca e cessi con l’abbandono
del corpo. Chi
nasce in Terra non è automaticamente vivo in cielo; questo deve
conquistarselo e la nascita da considerare è quella celeste. La nascita
che attiene alla vita senza dover considerare la morte come un passaggio o
una necessità. Considerando invece la vita terrena come una libera
manifestazione di sé in un ambito dove si vuole partecipare, per
specificare un’azione sincrona con il piano dove si opera al fine di
agevolarne il processo. Disporre
della vita consente proprio questo. Permette, perché ne da facoltà, di
coordinare la propria presenza in ambienti atti a recepirla al fine di
consentire una crescita proporzionale al grado di apprendimento che
l’ambiente stesso può sperimentare. Quando
si vuole sperimentare ciò che conta maggiormente è l’ambiente. Perché,
se ostile, costringe a continui aggiustamenti che, con un esame preventivo
appropriato, avrebbero potuto essere evitati. È
quindi sempre opportuno sapere cosa si vuole ottenere per far sì di non
costringere “la natura” ad adeguamenti impropri quando ciò non è
necessario; perché ormai chiaro e già assodato il modo in cui ottenere
forme adeguate allo ambiente ed in grado di avere consapevolezza del loro
stato e del loro essere. Sul
tema della consapevolezza galattica si gioca una grande, enorme partita in
cui primeggia, pur potendolo fare, il non intervento e l’intromissione
in strati della natura che pagherebbero pesantemente errori di
valutazione. La
consapevolezza infatti non prevede l’esperimento per ottenere qualcosa
di incerto: è scienza che determina funzioni al fine di ottenere
“esattamente” (e senza possibilità d’errore) ciò che è nella
previsione. Il
forse e l’improbabile non fanno parte di questa cultura. E
si specifica cultura per far sì che sia evidente che si tratta di specie
in grado di agire all’unisono per realizzare progetti la cui portata
serve per migliorare, verso la consapevolezza, ciò che è patrimonio
dell’essere legato all’ambiente. Cultura
perché è normale conoscere ed applicare leggi galattiche quando si ha
consapevolezza della galassia e dell’essere. Legare
l’essere alla galassia equivale a definire l’uomo figlio della Terra. Figlio
che s’aspetta nutrimento ed istruzione dall’essere che consapevolmente
può dargli tutto ciò. Facendogli superare lo scoglio della forma
funzionale alla Terra per prendere coscienza e confidenza con un’altra
(sua) forma, quella galattica che gli consente di studiare ed apprendere
la consapevolezza. Questa
scuola è aperta a chi entra a far parte della quinta dimensione. Ha
diverse branchie ed istruttori ad hoc.
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