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Punto zero 25 settembre 2003
Portarsi
oltre la soglia che in fondo separa l’uomo da se stesso è rischio che
corre chiunque voglia, attraverso la conoscenza, capire e definire il
perché dell’incarnazione; ed il perché della manifestazione attraverso
vari stati energetici sempre più capaci d’esprimere una coscienza unica
in grado di concepirsi in autocoscienza di sé. Questo
passaggio, che oggi uomo e Terra sono chiamati a sperimentare, a dovere
sperimentare, riguarda la trasformazione della coscienza in autocoscienza
di sé: acquisizione in capacità di quanto il collettivo è riuscito a
determinare. Ciclicamente
si tirano le somme di un cammino evolutivo che ha sviluppato innumerevoli
possibilità di cogliere il senso che la vita produce e, quando questo
avviene, si riparte da zero. Dove però lo zero è una capacità di vita
su cui edificare; lo zero ha infatti in sé (a livello di autocoscienza)
quanto fin lì l’evoluzione planetaria (insita nel più ampio processo
che la coinvolge ed avvolge) ha maturato a livello di gruppo (dove per
gruppo si intende un agglomerato stellare). La
capacità collettiva non è comunque ripartita in modo indifferenziato,
bensì in maniera omogenea in modo che ognuno riceva ciò di cui ha
necessità e che può comprendere. Perché porre per esempio la Terra su
un piano evolutivo molto sottile in quanto concezione a livello puro,
significherebbe doverla distruggere; distruggere per permettere alle sue
energie immortali di entrare in simbiosi armonica con l’insieme che
sviluppa qualcosa di completamente diverso da come può apparire la vita a
chi, Terra compresa, è ancora alla ricerca di una vera identità. Del
resto un passaggio in coscienza deve in fondo maturare coscienza e, se ciò
avvenisse perché imposto in maniera immediata senza la possibilità
dell’apprendimento, equivarrebbe a dovere prendere visione in modo
traumatico di quello che non si concepisce perché non pronti proprio a
livello di coscienza. L’autocoscienza
produce automatismi e genera condizioni ideali per approfondimento di temi
che hanno trovato origine proprio da ciò che un lavoro collettivo ha
prodotto nel suo cercare di comprendere una condizione che, vista
dall’interno, porta necessariamente a doversi relazionare con ciò in
cui si vede contenuta, per doversi rendere conto di possedere già in sé
tutto quello che le fa da contenitore e che è l’autocoscienza. L’autocoscienza
della Terra non è l’autocoscienza dell’uomo ed infatti l’uomo deve
relazionarsi con la Terra per comprendere che tutto ciò che sta oltre i
suoi automatismi è autocoscienza della Terra (e per lui inconscio
collettivo) da acquisire in sé per capacitarsi di quanto la Terra sta
determinando su un piano di coscienza (quello della Terra) che a lui
sfugge; sfugge se non compie il passaggio che lo livella alla condizione
energetica in cui la Terra sta manifestando il suo modo di concepire la
vita. Ed il senso della vita che la vede (la Terra) compartecipe di una
realtà cosmica che deve concepire dall’interno di un sistema che in sua
autocoscienza si muove e si sviluppa (e che per la Terra è invece il suo
inconscio collettivo da dovere apprendere e superare) se vuole addivenire
all’autocoscienza che il Sole, con i suoi automatismi, le sta
trasmettendo; sta trasmettendo a lei come agli altri corpi che fanno
riferimento a lui per il modo in cui è necessario concepire la vita ed il
modo in cui la stessa si manifesta dal punto di vista energetico. L’autocoscienza
quindi di un sistema (e l’uomo è un sistema rispetto a tutto ciò che
lo compone permettendogli di esprimersi nel modo in cui lo fa) è
involucro protettivo per tutto ciò che al suo interno deve acquisire la
capacità di quanto gli permette di esistere in tale condizione. L’uomo
pertanto si ritrova ad essere un sistema facente parte di un sistema più
complesso; ha autocoscienza di ciò che lo rende uomo di carne ma deve
concepire che il perché è su un piano diverso, un piano che la Terra
esprime nel suo produrre gli automatismi che in sua autocoscienza genera
spontaneamente. Così
come l’uomo non si preoccupa a livello vigile delle sue cellule e queste
svolgono il compito che conoscono perfettamente poiché loro
autocoscienza, così la Terra non può preoccuparsi di quanto ogni suo
singolo componente deve concepire per accrescersi in coscienza di ciò che
per lei è autocoscienza consolidata; autocoscienza che funge da punto
zero per i generi che suo tramite vivono partendo da un tot (in base al
genere) che tale punto zero detiene a livello di codice insito (se
vogliamo a livello occulto) e su cui edificare. Un
punto zero, a livello di coscienza, è il plasma che occorre ad ogni
sintesi per potersi manifestare come coscienza acquisita del genere che ne
permette la formazione. Il
punto zero rappresenta un inizio su basi consolidate che consentono nuove
esperienze su un piano che occorre conquistare in consapevolezza, per
realizzarsi come autocoscienza. L’uomo,
prossimo ad un punto zero che lo rinnova come sua struttura di base, deve
prima sapersi riconoscere come ed in quanto autocoscienza di ciò che gli
permette d’acquisire in sé quel nuovo plasma che la nuova Terra
partorirà poiché cresciuta in consapevolezza di sé in quanto a sua
volta autocoscienza del sistema solare del quale va a fare parte come
coscienza integrata e capace della sua realtà. Crescere
è in fondo definire da sé ciò che altrimenti sembra imposizione da
dovere subire quando si inizia a capire che esiste un processo di
autodeterminazione che porta la sintesi ad innalzarsi nella coscienza
prescindendo dalla forma, poiché comprende che quest’ultima le serve
come base d’appoggio su cui sperimentare l’esistenza. La
forma del resto, a sua volta coscienza di una sintesi che ne permette la
struttura, è un automatismo su base zero per una nuova e più profonda
identificazione nella realtà. |
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