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Propositi 20 aprile 2004 Sii
sempre te stesso. Accetta la vita. Aiuta la vita. Sii,
accetta, aiuta: tre propositi da cogliere e realizzare proprio in questo
momento. Quando tempi difficili e di grande travaglio affliggono
l’umanità tutta affinché tutta l’umanità comprenda e si desti dal
sogno profondo che ha fatto del relativo la realtà e della realtà vera
tutto ciò che sta oltre se stessi. Definire
l’oltre non è facile, specialmente quando si pensa possa essere pura
fantasia; o stati di coscienza quasi patogeni che provocano allucinazioni
e sensazioni che vanno oltre il lecito e le convenzioni. Del
resto una convenzione è un atto di convenienza che accomuna chi ha
interessi da salvaguardare. Perché una convenzione è in fondo la faccia
evidente di un limite oltre il quale si stabilisce che non conviene
andare. Però per convenzione, non perché la realtà non preveda qualcosa
di difforme rispetto a tale stabilita etichetta che etichetta, o così
vorrebbe, la normalità. Convenzione
è normalità concordata, non normalità effettiva. Questa
infatti può andare ben oltre dei limiti che tracciano un velo invisibile
ma non per questo invalicabile. E
non è detto, anzi non lo è, non è detto che ciò che sta oltre una
convenzione sia illecito. Forse solo non affrontato, sicuramente aldilà
di una prestabilita normalità, ma certamente punto di appoggio e sostegno
per chi sull’oltre fonda vita e realtà. Questo
oltre è un tabù solo perché, per convenzione, si è deciso che non
debba appartenere. Ma un tabù spiegato perde anche potere e fascino e,
ora che i tempi sono maturi e l’oltre si presenta spontaneamente alla
vista ed alla percezione, bisogna fare i conti con le convenzioni e con
chi sulle convenzioni ha stabilito la propria egemonia su altri che invece
devono restare ancorati a quelle regole che non consentono loro di
trovare, in fondo, loro stessi. Cerca
te stesso e sii; sii l’essere che aiuta la vita a nascere in chi non ne
coglie ancora senso e significato. Il
senso della vita è tema forte e dolce che accomuna popoli e nazioni e li
rende schiavi o liberi di vivere, di esistere. Di essere e sentirsi
uomini. Di essere e sentirsi figli della luce, cittadini liberi in un
mondo che è l’universo. Crescere
in siffatto modo e sentirsi liberi dovrebbe essere la condizione ideale
che accomuna l’universo. Purtroppo
le cose non stanno così perché manca la consapevolezza di chi si è e
quali sono le azioni che vanno fatte per aprire se stessi all’oltre che
è la naturale casa a cui l’uomo appartiene e che non lo limita alla sua
sola azione terrena. La
vita sulla Terra subisce una svolta perché ora si cambia registro; si
volta pagina. E la vita risorge a se stessa; su nuove basi, più solide e
profonde. Quella profondità prima definita “oltre” e propria di un
mondo invisibile per mancanza di conoscenza. Cadono
convenzioni e luoghi comuni. Si alza il sipario sul nuovo mondo mentre il
vecchio viene consolidato in se stessi. Consolidare
che vuol dire acquisire in sé quella stabilità e quella sicurezza
necessarie per essere presenti dove non si può se prima non si concepisce
un passaggio fondamentale: che si è detentori della vita e mai si muore. Quando
invece sembra che sia così, si è ancora legati ad una struttura che non
permette di essere presenti in quella parte di sé già viva oltre la
struttura stessa perché facente parte di una dimensione dove la fisicità
non ha ragione di esistere. La
struttura fisica si modifica in funzione di ciò che si intende
realizzare, ma la sua coscienza è relativa al suo stato; ed il suo se
superiore non è l’uomo. Spiritualizzare
la materia non significa farle acquisire una coscienza d’uomo, bensì di
energia capace di essere e vivere perché in sé ha la vita. La
materia deve acquisire consapevolezza del suo stato immortale così da
fare i passaggi senza l’inconscio pericolo dell’estinzione. Cosa
questa che, se non realizzata, fa avvenire la disgregazione di un corpo,
per esempio, ed il necessario ricombinarsi con altri elementi per via via
arrivare ad acquisire esattamente una consapevolezza energetica idonea al
suo stato. E
questo comunque è un aspetto comune a tutti perché infatti avere
consapevolezza non significa diventare l’altro, bensì essere se stessi
sapendo che in sé c’è già tutto ciò che occorre per essere: la vita. Il
concetto della vita può sembrare vecchio ed obsoleto (tant’è che non
se ne parla nemmeno più), ma dipende da come si considera la vita. Se la
si dà per scontata allora non ci si riflette nemmeno e questo crea
dipendenza nei confronti di chi dà la vita. Se
è pur vero che la vita ha una sua progressione, è parimenti vero che se
tale progressione non ci fosse la vita non si estinguerebbe. Perché vita
non è trasmissione di qualcosa che dà capacità, è estrinsecazione di
un potere legato alla consapevolezza. Giusto
appunto la consapevolezza permette passaggi qualitativamente idonei a
prendere possesso della vita; della propria vita e della vita in sé. Ma
non può esserci consapevolezza se manca la capacità, e la vita è un
atto di capacità che dipende da chi decide di vivere. Se
tutto, e quindi la vita, viene visto in maniera lineare e pertanto
progressiva, sfugge il particolare sostanziale che dipende dalla capacità
relativa alla consapevolezza. Se
un fiore non ha consapevolezza d’avere in sé la vita, non può
certamente autogenerarsi, e quindi deve svolgere delle attività che gli
producano l’esperienza necessaria a spiritualizzare se stesso e,
trattandosi di coscienza di gran lunga “inferiore” a quella umana
perché di sola materia, ecco che allora questo passaggio deve farlo come
specie. Come specie che evolvendo in modo ascensionale acquisisce la
capacità del suo genere che, energetico, permette di manifestarsi come
fiore. La materializzazione non è nemmeno necessaria, anzi superflua
perché non occorre più il terreno adatto per fare tale esperienza; è la
esperienza che ha maturato la giusta consapevolezza nel genere. L’uomo
poi, pur prossimo come specie ad un passaggio dimensionale, ha in sé la
potenzialità della vita e deve prenderne consapevolezza. Deve cioè
entrare nel merito della vita stessa già come nascita, senza lasciarsi
condizionare da tutto ciò che lo separa da una condizione (sua) di
immortalità. Deve
sapersi riconoscere ed identificare nel suo vero essere che, immortale, è
vivo in una frequenza diversa che la terza dimensione non concepisce
ancora d’avere già in sé. Avere
già e non saperlo è mancanza di consapevolezza, e per conseguenza
mancanza di capacità perché non si “adopera” ciò che, latente, vive
quasi atrofizzato. Acquisire
l’immortalità, prendendone consapevolezza, diventa il passaggio
necessario alla vita per essere se stessa. Per essere se stessi. Per
aiutare la vita ad essere viva sempre. |
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