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Perforare la barriera 

13 settembre  2003

 

Attraversare lo spazio – tempo comporta percorrere un determinato tragitto in un dato periodo dovendo tenere conto della velocità che si può raggiungere; o che è necessario raggiungere per perforare la barriera energetica che separa gli universi; o la vibrazione che bisogna assumere (o acquisire) per essere immediatamente proiettati in una condizione extra fisica dove però la realtà è ancora sensibile alla percezione degli organi fisici, o che sembrano tali.

La velocità della luce è un riferimento tempo spaziale visto da chi lo subisce perché si trova all’interno di un’esperienza, che può quantificare solo attraverso la sua conoscenza ed il metodo adottato per la rilevazione; che non è assoluto.

L’osservazione di un fenomeno porta a codificare un metodo che sembra idoneo ad interpretare caratteristiche e peculiarità dello stesso, ma ciò si basa sugli elementi che possiede l’osservatore e quanto questi siano esatti, o suscettibili di variazione o, addirittura, non idonei per una corretta valutazione.

Se l’osservatore è parte della realtà osservata, subendone lo stato, può decifrare solo attraverso ciò di cui è in possesso e ipotizzare ciò che invece reputa possibile.

Per decodificare la luce l’uomo deve basarsi in primis sul suo organo di percezione visiva e, in funzione di ciò, elaborare sistemi di confronto che specifichino le qualità della luce stessa e quindi la sua struttura ed il suo movimento. Senza però tenere conto del linguaggio con cui la luce si esprime; il linguaggio con cui dialoga con se stessa, il quale subisce interferenze e variazioni a seconda di ciò che si pensa la luce sia e di come si muove nell’universo. Universo che ha caratteristiche diverse rispetto all’etere di cui si compone il sistema solare, e dove il tempo e lo spazio non rappresentano nemmeno delle dimensioni, e forse nemmeno uno stato di coscienza rispetto a come la coscienza viene interpretata e proposta.

In effetti sulla Terra tutto si basa sulla luce, ma non sulla conoscenza che la luce detiene, perché infatti nessuno riesce a colloquiare direttamente con la luce.

Capirsi su questo aspetto è fondamentale perché solo così si possono superare gli ostacoli inerenti alle interferenze che esistono tra luce che trasmette ed essere di luce che riceve anche se incarnato. Ciò è fondamentale perché permette di muoversi in universi diversi per profondità e compattezza. Permette di annullare tempo e spazio senza ricorrere alla velocità ma all’immediatezza; a quella presenza che veramente da il senso della vita perché spezza ogni schema precostituito in tema di ordine, staticità, movimento e vibrazione. E non perché non ci siano, solo perché non sono nel modo in cui si crede.

Dire infatti che il movimento statico della vibrazione è ordine verso cui fare riferimento sempre, appare come un non senso se non si comprende che nel fermo dinamico c’è il moto collettivo. Se non si comprende che ogni sintesi è moto dinamico ingabbiata (per la Terra) nel tempo – spazio in un fermo collettivo che funge da schermatura per far sì che la sintesi (proprio attraverso lo spazio – tempo) recuperi l’ordine intrinseco attuando il cambio di polarità perché riesce a concepire d’avere in sé il requisito intrinseco ed essenziale per tale ordine, la luce: la vibrazione che emette la luce.

Perché non si tratta semplicemente di ricevere ma anche ed anzi di portarsi nella condizione di trasmettere. Di proiettarsi come luce poiché esseri di luce.

L’uomo, abituato da sempre a subire (già il fatto stesso di nascere in una data condizione è un subire; subire la condizione in un ordine precostituito rispetto alla propria volontà) non è molto incline a censurare la sua sintesi fisica (che per lui è veicolo e protezione) lasciando venire fuori i bagliori della sua luce interiore (che possono guidarlo all’essenza della luce, piano da cui dipende il progetto vita a livello cosmico), e confonde la sua momentanea perdita di dinamicità (che raggiunge nel momento in cui propende vibrazionalmente alla stasi) come morte (con relativa paura della morte).

Ecco che allora per un equivoco di impostazione si seguono tracciati non idonei ad un certo ascolto e si permane in una condizione fisico mentale di sperimentazione. Condizione che (anziché essere adoperata per migliorare l’energia più grezza portandola ad un suo bagliore inerziale atto a recepire la fonte, il piano, che emana luce di conoscenza) produce una sua coscienza che la chiude nei confronti del sottile perché trova affidabilità in ciò che (sempre energia) deve scomporsi necessariamente in quanto corpo programmato per uno scopo e non per essere eterno.

Far riscoprire la luce come vettore per il dialogo interiore, è un primo passo importante per l’unificazione della polarità (poiché l’equilibrio consequenziale genererebbe quella stasi necessaria a superare il movimento dinamico producendo una vibrazione – pulsazione che proietta in un ordine superiore), ma non ancora essenziale. Perché fin tanto che non avverrà una piena presa di coscienza d’essere già emanatori di luce, non ci sarà il cambiamento capace di produrre una sintesi diversa, più sottile e profonda, in grado di dare immediatezza al pensiero (senza attraversare lo spazio tempo perché a questo punto riposto in una condizione, frequenza vibrazionale, di non interferenza perché senza consistenza).

Veicolo di luce, il corpo diventa uno strumento efficiente per consapevolmente svolgere compiti e missioni senza perdere il contatto col suo essere emanatore; come se fosse sempre presente in ogni corpo che proietta o emana.

Periferia e centralità sono un tutt’uno perché ogni parte ha stesse capacità; capacità di eseguire esattamente ciò che il centro stesso farebbe qualora dovesse agire in “prima persona”. Come se tutto il piano fosse (perché così è) presente e compartecipe di ciò che fa il singolo che però svolge un compito avendo la coscienza della totalità. E quindi avendo la immediatezza del tutto compiuto già da subito che non può subire interferenze nel corso della esecuzione; anche se la stessa, proiettata nello spazio tempo, si veste subitaneamente degli elementi che lo compongono (lo spazio tempo) e, diventata sintesi, svolge il ruolo nel luogo e nel tempo in cui la manifestazione si concretizza. Andandosi ad intrecciare (collimando) esattamente dove la materia (energia pesante) sta cercando il bandolo della matassa (la sua fonte luce), per evolvere acquisendo tale stessa capacità.   

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