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Non uso della consapevolezza 20 dicembre 2003
In
pratica la consapevolezza non viene adoperata. L’uomo
non si proietta mai in quella parte di sé capace di assumere compiti di
primo ordine se messa nella condizione di poterlo fare. Se centrato in se
stesso. Accorgersi
che esiste un corpo sottile non vuol dire averne coscienza, e tanto meno
capacità. Non
si è nella condizione di sperimentarne la qualità. Centrarsi
nella consapevolezza è un ruolo che si assume chi riesce ad identificarsi
col suo essere superiore, immortale e non vincolato dall’assetto fisico
che è invece la struttura base per l’uomo. Cambiare
frequenza è possibile commutando la sensibilità. E
cioè spostando la percezione dall’organo visivo (dove normalmente
l’uomo è centrato come vigilità) all’organo della percezione
interiore che collega direttamente col proprio se superiore; con quella
parte quindi capace di presenziare ed essere dove per l’uomo è
inimmaginabile anche la sola ipotesi. Il
delicato equilibrio che esiste tra visione e percezione (e per visione
bisogna letteralmente intendere vedere attraverso l’apparato fisico)
impone una separazione energetica di diversa decodifica. Lo stesso segnale
viene interpretato in modi diversi. Cosa
questa che permette di cogliere più in profondità un messaggio che se
visivo appare nel modo in cui si è abituati a coglierlo in funzione di
come complessivamente si interpreta la realtà se
percettivo passa attraverso un canale diverso, più sofisticato ed
ultrasensibile, in grado di cogliere tutto ciò che la semplice visione
non riesce a mostrare. Si
entra in simbiosi (senza vaglio, avviene spontaneamente) con
un’interiorità che non è legata ad ansie e paure ed appartiene alla
sfera della consapevolezza e dell’esercizio al concepimento dell’Amore
nell’universo. |
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