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Nascere oltre la morte 26 ottobre 2003
Prepararsi
a nascere oltre la morte è il fatto strano che non si concepisce. Non si
concepisce ancora che dopo il distacco, dopo la morte fisica, dopo il
disagio per la dipartita bisogna imparare a vivere, proprio come fa chi
nasce in Terra. Perché scoprendo che non si muore, mancano le basi per
ricominciare, per iniziare a vivere in una dimensione dove la condizione
non è fisica ma solamente energetica. Per ricominciare quindi daccapo su
nuove basi apprendendo, dovendo apprendere che la fisicità non è tutto
nella vita; non è così indispensabile da considerarla morte se manca dal
proprio stato d’essere. Il
fatto che la vita in apparenza continui dopo la morte, è poco importante
perchè è proiettata sul ricordo, sul rimorso, sulle aspirazioni e sulla
speranza di poter riprovare (per meglio agire e correggersi) se solo nella
condizione d’avere ancora un’altra possibilità. Perché questa non è
una nuova nascita, non lo è ancora. Concepire
d’essere vivi oltre la morte non è sufficiente per capire cosa bisogna
fare. Perché, svegli da vivi nel dopo morte, l’attrazione resta sempre
la fisicità col suo mondo correlato (quindi con tutte le critiche anche
costruttive nei suoi confronti e che possono pure significare non volere
più tornare in tale condizione), se non si concepisce che tale relatività
è soggetta alla legge del pendolo che oscillando regola karma, flussi e
movimenti. Se non si concepisce che per andare oltre, aldilà dell’oltre
che fa parte della Terra, della vecchia Terra, bisogna rompere schemi ed
indugi per riuscire a concepire vita e mondo oltre i canoni ristretti che
la IIIª dimensione impone. E per farlo bisogna saper distinguere ed
approfondire. Ma prima distinguere se la propria centratura è oltre la
mente per prendere ed apprendere ciò che arriva in automatico. La
provenienza è ciò che conta, perché non si può costruire il nuovo se
prima non è chiaro cosa bisogna fare. L’approfondimento non può che
essere consequenziale alla presa di coscienza di una realtà radicalmente
diversa rispetto a ciò che si era, a come si pensava, agli strumenti o
mezzi che si avevano a disposizione per vivere alla ricerca del benessere
fisico, psichico e spirituale. Capire
gli automatismi, i nuovo automatismi di questa nuova realtà è veramente,
estremamente importante. Il
primo, ed in fondo quello più importante, è l’automatismo che avviene
quando la mente tace, non appena si è in Vª dimensione. Ad
una mente che tace corrisponde una mente centrata nel presente, una
mente che riesce facilmente ad ascoltare senza rincorrere
tutto ciò che, proveniente dalla IVª dimensione, le veniva in soccorso
continuando a rielaborare pensieri e ricordi alla ricerca di soluzioni a
problemi o quesiti. Una
mente all’ascolto può sentire ciò che proviene da una profondità
diversa e che diventa chiaro perché non più inficiato dalla cortina
energetica che è la IVª dimensione. L’ascensione
dell’io ad un suo nuovo e più profondo stadio implica, presuppone ed
impone la realizzazione della sintesi in maniera diversa, e cioè
attraverso l’uso e l’ausilio di un’energia particolare, quella
eterica, che riesce correttamente ad impostare i valori su cui muoversi ed
agire per definire quel che è necessario che avvenga una volta formulata
l’intenzione. La
materia (necessaria per l’elaborazione di costrutti o di qualunque cosa
necessiti) è più sottile, più duttile e sensibile al pensiero che la
plasma dandole la opportuna consistenza. Qui il problema non è tanto la
formazione, quanto il mantenimento costante di ciò che è stato prodotto
per evitare che si dissolva se non opportunamente modellato e coeso.
L’aggregazione avviene in modo spontaneo ed infatti basta pensare che
avviene, ma bisogna tenere conto che nel presente ciò che è, è;
e se questo non è chiaro fa scomparire quello che si è costruito che si
dissolve come neve al sole o come un sogno che “evapora” dopo aver
offerto il suo contributo. Del resto non si deve nemmeno dimenticare che in Vª dimensione non si fa ciò che si vuole (inteso quindi come affermazione di ego, possesso, ricchezza personale, riserve auree e di beni che possano preservare da disagi e quant’altro) perché, venendo meno il bisogno (e quindi la sua realizzazione) si è per costruire – istruire altri ad essere loro stessi, così da raggiungere uguale condizione. Senza però perdere di vista il senso di tutto questo che non è fine a se stesso, ma è preparazione per l’ottenimento di più alti gradi di realizzazione atti alla costruzione, ex novo, di mondi paralleli (anziché la semplice esplorazione degli stessi cercando solo di incentivarvi l’evoluzione e porre rimedio a lacune conseguenti crescita e sviluppo). Entrando sempre più nel dettaglio, sempre meglio si chiarisce il perché della Vª dimensione; delle dimensioni e come mai sia opportuno partecipare in maniera diretta al cambiamento che, riguardando la propria struttura anche fisica e molecolare, determina la presenza di esseri “diversi” proprio nella dimensione (la IIIª) in cui il cambiamento deve avvenire. E il cambiamento sta già avvenendo perché la trasformazione sfocia in Vª dimensione solo attraversando la IVª con coscienza e capacità. Senza quindi essere catapultati in ciò che non si concepirebbe, perché inadatti a vivere e presenziare ai compiti che in tale Vª dimensione vanno espletati. Poiché la domanda è sempre latente, la risposta è d’obbligo e riguarda chi resta; riguarda chi non è interessato a quest’ascensione poiché non ne condivide il piano di sviluppo che manifesta, o semplicemente perché non pronto in quanto tipo di vita del tutto assente da ogni possibile sua proiezione mentale e di coscienza per poterne minimamente recepire significato e valori. L’insieme evolutivo abbraccia sempre più livelli contemporaneamente, alcuni noti perché consolidati nella propria coscienza ed altri ignoti perché non considerabili per mancanza d’indizi e capacità. Tutto ciò che resta oltre al proprio grado d’intendere e concepire, è anche oltre al proprio modo di essere; e per essere si deve intendere la costituzione di come si è che non permette di recepire, ancora, quello per cui non si è predisposti a livello di capacità di consapevolizzazione della realtà. Questo fa sì che realtà chiare e manifeste nei piani dove è possibile concepirle siano invece invisibile per chi “non ha occhi buoni per vedere”; occhi che non bisogna identificare nei soli organi fisici, anche se l’uomo conosce e dispone soltanto di questi. Ciò significa anche che la realtà potrebbe ben essere tutta manifesta contemporaneamente ma che per concepirla occorrono passaggi ascensionali in coscienza e capacità così da portarsi in linea, man mano, con dimensioni che esistono già e delle quali non si ha nemmeno percezione. Il che comunque, pur se proietta nel sempre più profondo capace di interiorizzare in sé contenuti abnormi, non preclude che continui un certo tipo di esistenza (e quindi dimensione) che altri hanno superato portandosi oltre poiché ormai in grado di concepire ciò che apparentemente abbandonano e che invece resta inglobato nel loro stesso essere. Quel che”rimane” continua a vivere ed evolvere in quella particolare sfera – condizione senza che nulla sia sciupato nell’economia generale dei piani di viluppo della coscienza. Certamente,
quando c’è un’ascensione di massa poiché il pianeta è
interessato in primis, qualcosa cambia poiché si devono riassestare
valori e prospettive; ma ciò non preclude né la presenza né la
permanenza di forme e specie che possono ben continuare a vivere in IIIª
dimensione nell’attesa (poiché forse allora potranno concepire) di
un nuovo futuro passaggio. Senza che tutto debba dissolversi per
permettere l’ascensione, mandando allo sbaraglio chi non è stato nella
condizione di recepire il messaggio ed il nuovo stato che si prospettava. Chi
ascende va in “ciò” che già c’è e che esiste da sempre proprio
perché tutto è sempre contemporaneamente; chi resta continua a vivere
dovendo incamerare in sé un’esperienza diversa che deve maturare
qualcosa di nuovo che possa offrirgli nel tempo la possibilità di
realizzare quanto ora non riesce a cogliere. Il
che significa anche che non può esserci il ricordo di quel che avviene
(poiché non nella capacità di poterlo concepire) perché bisogna
salvaguardare l’integrità di coscienze che non aderiscono al passaggio
(perché tale è il loro grado di sviluppo e quindi di capacità); ma nel
profondo qualcosa resta, qualcosa che al momento opportuno si sveglia per
ricongiungersi, forse, a quanto ora abbandona perché non in linea coi
tempi planetari. Ma,
in linea solo con lo spazio tempo che avvolge e vela la Terra, chi resta
non avrà nemmeno da chiedersi dove sono andati gli altri perché,
credendoli morti, si affretterà solo a piangerne la scomparsa e continuerà
nel suo stato d’essere; dopo comunque aver sopportato quello, proprio
quello che gli farà intendere che tanti sono morti. I
morti, questi morti si
ritroveranno nella condizione d’essere vivi oltre, concependo
bene cos’è successo ed in grado di cominciare a loro volta a tessere
fili coerenti ed intelligenti per la preparazione di una nuova
ciclica futura ascensione che possa coinvolgere chi restando potrà
nel tempo maturare giusta coscienza. Un
piano di sviluppo che si proietta nell’oltre non perde la capacità del
suo stato precedente e, oltre ad inglobarlo in sé, ha la possibilità di
poterne aiutare la condizione cercando di migliorarla; e colmando le
lacune che in precedenza aveva avuto modo di costatare direttamente. In
pratica in questi processi chi è più evoluto spiritualmente si pone
all’aiuto degli altri per in fondo aiutare se stesso senza abbandonare
le proprie radici, ma facendo sì che tutti riescano a trovare la propria
consapevolezza che, quando c’è, è consapevolezza assoluta. Però ciò che occorre ora considerare meglio ed approfondire man mano è come porsi nei confronti della Vª dimensione dove si va e della IIIª che si lascia. Senza perdere di vista la IVª dimensione, quell’inconscio che ha bisogno di un suo passaggio ascensionale per portarsi meglio verso la IIIª dimensione così che, fuse, approdino alla Vª (determinandola anche). |
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