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Medianità

2 dicembre 2004

La comunicazione medianica, quando non concede troppo spazio agli interessi privati del medium e non lo esalta nelle sue aspettative, può diventare un utile strumento per manifestare sulla Terra concetti, suggerimenti ed anche indicazioni su ciò che potrebbe verificarsi visto da chi si trova in una condizione privilegiata rispetto a quella fisica.

Condizione privilegiata perché, alla luce del cammino spirituale portato avanti, chi trasmette potrebbe non essere particolarmente interessato al benessere del singolo ma della specie.

Condizione privilegiata perché, a sua volta in contatto con dimensioni molto più profonde rispetto alla sua (ed indubbiamente anche rispetto alle dimensioni percepite o semplicemente concepibili dall'uomo), chi trasmette è a sua volta medium che può attingere informazioni non filtrate dal mondo psichico in generale (sfera questa di riferimento per chiunque s'affacci a percepire al di là della sua sola condizione fisica).

Intuizione ed ispirazione hanno costituito da sempre il modo in cui attingere dal patrimonio universale a disposizione di chi lo coglie. A disposizione di chi cogliendolo lo interpreta in funzione del suo piano (dimensionale) di apprendimento e del modo (neutro o meno) in cui si pone (o riesce a porsi) prima di intervenire col ragionamento (e la mente è tarata ad elaborare su ciò che concepisce e non su ciò che, intuito, può solo essere una minuscola briciola rispetto a quanto si perde proprio per volere dare connotazione al frutto dell'intuizione stessa).

Fare da intermediari con parti più profonde del proprio essere (racchiuse, celate in se stessi) non è per niente facile. Si deve prima prendere coscienza che queste parti esistono, appartengono e si trovano dentro di sé senza dover fare salti con la fantasia. Ed inoltre non bisogna autoconvincersi di essere nel vero sempre e comunque solo perchè sembra di ricevere qualcosa che proviene dall'aldilà, da oltre la dimensione terrena, perchè questo serve solo ad accrescere (anche in modo involontario) la propria egoicità. Per poi dover convenire (autoesaminandosi) che ciò che si pensava prima (e che sembrava costituire qualcosa di fondamentale ed immutabile per la propria affermazione anche a livello spirituale) è suscettibile di cambiamenti; prova ne sia il verificare (onestamente e serenamente) come si è rispetto a prima.

Come si è; constatazione questa che fa fermare ad autoesaminarsi. Ed il modo in cui sfugge l'attenzione, la vigilità, è anche la misura per percepire che ciò che non si concepisce ancora sta oltre la propria capacità. Capacità non ancora affinata a percepire che ciò che sta oltre se stessi è dentro se stessi, in quelle profondità che hanno già chiara la visione proprio perchè in uno stato di datività connaturato; filtri che prendono e donano la magnificenza della vita tutta. Senza trattenere nulla, perchè non ce ne è bisogno.

 

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