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Manifestarsi

12 luglio 2004

La sofferenza è il benessere dell’anima. Perché costringe e porta l’uomo a confrontarsi con l’io, con quella parte di sé che, padrona del corpo, crede di essere la vita stessa. Vita destinata a finire proprio quando il corpo cessa la sua funzione.

E quando c’è chi dice io credo o penso o mi auguro che oltre questo me terreno c’è dell’altro che mi sfugge o per me non è ancora raggiungibile o percepibile, ebbene costui, anche se in modo inizialmente inconsapevole, ha già iniziato il viaggio alla scoperta di sé. Di chi si è oltre la fisicità e l’io terreno sferzati dalle sofferenze fisiche e psicologiche.

Basta poco per cominciare, basta accorgersi che la vita è più del semplice trascinare i propri giorni che, anche se in apparenza vissuti intensamente e forse anche con soddisfazioni ed appagamenti materiali, non fanno toccare una realtà nascosta, celata agli occhi ed alla mente ma sensibile all’anima.

Ed è proprio l’anima che interviene puntualmente a svegliare, a sollecitare il cammino di chi non s’accorge ancora di avere compiti ben superiori a ciò che come mansioni sta svolgendo nella vita terrena.

Compiti ben precisi che non possono attendere che l’ignaro si desti da solo sul cammino della resurrezione.

Lo scopo dell’anima è vivere consapevolmente l’azione che, in quanto uomo, deve produrre esattamente l’unione, l’identificazione dell’uomo nell’essere superiore che è (già in quanto anima). Anima con requisiti diversificati che aprono a più condizioni in vari piani dell’esistenza e tutti attinenti ad un ruolo ben preciso: la realizzazione completa dell’uomo in quanto carne, in quanto essere metafisico, in quanto spirito.

L’integrazione dell’uomo nel suo essere superiore rappresenta al momento l’obiettivo da centrare e ciò appare possibile in forza del cambiamento che coinvolge l’intero sistema solare e la galassia.

L’uomo, riuscendo ad identificarsi nell’essere metafisico che egli è (ma in modo inconsapevole), riuscendo quindi in tale intento, attua la trasformazione che consente la metamorfosi in un essere diverso; un uomo diverso capace di sovrintendere a ruoli che lo espongono nello spazio oltre il sistema solare a diretto contatto con universi a più dimensioni avendo una struttura che consente (all’uomo nuovo) di farne parte.

Certamente questo non significa aver centrato l’anima nel suo elevato aspetto spirituale, ma è il punto, il passaggio necessario per il proseguimento dell’opera che porta ad innalzare la coscienza a quei valori che le consentono di partecipare a pieno titolo ad una vita comune diversa. Diversa e più ampia, perché coinvolge più sistemi che reciprocamente devono collaborare per consentire la necessaria armonia all’insieme senza che nulla abbia ad intaccarne la stabilità con conseguenze pericolose per la comunità.

In pratica il presente aiuta il passato per consentire un armonioso futuro in linea con il processo evolutivo che porta la galassia nella coscienza cosmica dove tutto è uno.

Indubbiamente il presente non è quello che l’uomo reputa sia nel suo tempo, nella sua condizione, nella sua atmosfera e nella relatività terrestre che non gli consente ancora di cogliere, per l’appunto, un presente diverso dove la centratura è sempre costante nel momento presente galattico (e non in quelli relativi).

Anzi quando ciò succede lo si vuole. E quindi dal presente galattico si entra nella relatività che s’intende ispezionare per, facendone parte, agire in linea con lo scopo da realizzare senza subire i condizionamenti e le regole di quelle relatività attraverso l’oblio di chi si è.

È un fatto di consapevolezza e l’uomo nuovo è consapevole di essere contemporaneamente un’entità capace di intervenire ed aiutare il vecchio (e con questo bisogna intendere tutto ciò che nella sua fascia dimensionale deve ancora concepire sue qualità superiori, e non è detto che riguardi soltanto la Terra) ad essere in linea con i processi evolutivi generali non permettendo che, a causa di “colpi di testa”, possano verificarsi catastrofi che necessariamente intaccherebbero la continuità costringendo a ricominciare l’opera.

In effetti è una situazione complessa da capire perché l’uomo è abituato a cogliere tutto in modo lineare in quanto non ha ancora concepito che le relatività sono sistemi di vita che possono essere facilmente approcciati se si conosce il modo in cui farlo e se si dispone del corpo adatto, quello metafisico. Corpo etereo sensibile ad ogni realtà ma differenziato da quello fisico che è atto solo ad intervenire a determinate pressioni nell’atmosfera terrestre.

Lo spostamento dal presente in una relatività (che comporta un suo tempo ed un suo presente) fa restare l’entità uomo (l'uomo nuovo) sincrona e centrata col suo stesso essere impedendo lo sdoppiamento che avviene quando, per mancanza di consapevolezza, l’uomo subisce e (come nel caso terrestre) si ritrova mai in linea col vero presente. E, quando avviene (attraverso pratiche meditative e stati di coscienza diversi) la realtà che percepisce (ed il modo in cui percepisce) è tutt’altra cosa.

Però adesso si tratta di vivere e non di percepire. Il che significa essere in una condizione stabile dove la fisicità tipica dell’uomo lascia il posto (perché trasformata) ad un corpo in grado di assumere la consistenza che la relatività impone.

Si tratta di padroneggiare la materia sapendo d’essere energia. Energia che diventa la fisicità che occorre per esprimersi in particolari ambienti prendendo la forma adeguata; o addirittura nessuna forma se tale è la condizione migliore per manifestarsi.

Però c’è un aspetto sostanziale da considerare e che riguarda il cambiamento in corso.

L’uomo non è ancora, come coscienza, in linea col cambiamento stesso; anzi lo ignora e, se ne avesse conoscenza, addirittura lo temerebbe. E questo è grave.

Grave perché costringe l’anima, la grande anima, ad allineare, a sollecitare attraverso opportuni mezzi, l’umanità a portarsi consapevolmente verso il cambiamento e la scelta.

Come al solito il mezzo a disposizione è la sofferenza; fisica e psicologica perché purtroppo è questa ancora l’unica legge che l’uomo conosce per fermarsi a riflettere e forse capire.

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