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Madre Terra 17 aprile 2002 Non
si può restare insensibili di fronte alle sofferenze del pianeta Terra. La
Terra soffre in modo in cui la si considera; il modo in cui i suoi figli
prediletti la considerano. I
figli più evoluti della Terra hanno preso le distanze e, sentendosi ormai
adulti, cercano di affrontare la vita senza ricorrere all’aiuto della
madre. Per loro basta, quando lo hanno, l’appoggio di un Padre
invisibile che definiscono divinità. L’uomo
perde il contatto con la Terra perché aspira al cielo e non si rende
conto di possederli entrambi dentro di sé. Entrambi e molto di più se
solo si abituasse a vedere veramente come stanno le cose e quali sono i
passi da compiere per fare apparire la vera realtà. La
realtà che l’uomo vede è limitata ai suoi sensi fisici ed infatti egli
percepisce che c’è dell’altro che gli sfugge ma non riesce a
quantificarlo dentro di sé. Si crea un mondo parallelo per lo sviluppo
della sua sintesi senza che la stessa (sintesi) abbia una parte
sostanziale di se stessa, la fisicità, perché viene abbandonata nella
madre Terra di cui (egli) non ha il concetto come realtà. L’uomo rinuncia a se stesso per ricercare quella realtà che invece è insita dentro di sé. Ogni
qual volta che l’uomo varca la porta del cielo perché trapassa a
miglior vita e cioè muore, lascia il suo corpo fisico sulla terra ed a
questo non da nessunissima importanza perché lo crede destinato alla
decomposizione ed allo sgretolamento molecolare. Il corpo fisico invece,
così come del resto succede anche quando è “vivo” non fa altro che
seguire un sui iter, nascosto ed occulto poiché appartiene ad un’altra
realtà. Una realtà che è oltre l’uomo (oltre perché egli non sa
coglierla) anche quando l’uomo è vivo e prospero nella sua fisicità. Questa
realtà invisibile per l’uomo non è tale in assoluto e non appare solo
perché l’uomo non si è mai preoccupato di portarla nella sua realtà. Infatti
tra la cosiddetta realtà oggettiva e realtà apparente c’è sempre un
divario che dipende dall’osservatore il quale coglie soltanto ciò di
cui ha capacità e percezione. Percepire
comunque l’oltre non vuol dire averne il possesso anche perché la
percezione è soggettiva e resta influenzata dalla propria sensibilità
che dipende da tanti fattori che non sono equivalenti all’altrui sentire
e sensibilità. Il
mondo fenomenico è tale perché così lo si coglie ma ciò dipende da chi
lo coglie, e da come lo intende tale. L’oggettività a questo proposito
è così esigua che è veramente azzardato poter distinguere la realtà
apparente (perché così appare) e definirla oggettiva in assoluto. Decodificare
gli eventi è compito della struttura umana che si avvale tanto della
fisicità quanto della sensibilità; tanto della terra dalla quale trae lo
spunto “concreto”, quanto del cielo del quale percepisce esistenza ed
extrafisicità. In
questa decodifica sembra avere il sopravvento la parte invisibile che, in
quanto tale, non sembra destinata al collasso fisico così come succede
per la struttura molecolare che risiede al di qua della barriera degli
eventi, nella Terra per l’appunto. Su
uno strato sottile ed invisibile è scritta una parte di realtà che
sfugge all’uomo ma non alla sua fisicità la quale invece riesce bene a
decodificare questa realtà poiché più matura e cosciente rispetto
all’uomo moderno che si può invece avvalere della sua evoluzione
qualitativa. Qualitativa ma non quantitativa ed infatti l’uomo non
possiede in maniera vigile ciò che il suo corpo detiene come costruzione
genetica avvenuta nel corso della sua (del corpo) evoluzione e dinamicità. Come
struttura il corpo dell’uomo è molto più vecchio e saggio rispetto a
qualunque mente umana che in maniera vigile volesse detenere lo stesso
tipo di realtà. La
realtà del corpo non è fatta di soli istinti così come si crede ed anzi
è molto più profonda di quella umana perché la sua coscienza (del
corpo) è strettamente legata a quella della Madre Terra con la quale non
perde mai il contatto e la stabilità. Quando così sembra, sta solo
avvenendo una crescita; una trasformazione che la Terra genera con la sua
fecondità. Quando una cellula muore non fa altro che alimentare la
struttura fisica della Terra in modo diverso, anche se come cellula non fa
più parte di un uomo oppure di un albero o un animale. La
limitatezza dell’orizzonte umano non rende limitata la vita della Terra,
la rende solo invisibile a chi non ha occhi buoni per coglierla. Così
come la cellula dell’uomo è parte integrante della Terra, parimenti lo
è l’uomo anche se lui non si reputa integrato con la stessa. È solo un
problema di ottica; dipende dal modo in cui si intende coglier la realtà
e che tipo di realtà si vuole esaminare. L’influenza
della Terra sull’uomo è sempre in essere. Anche quando all’uomo
sembra che così non sia, egli non potrà mai disgiungersi da ciò che lo
costituisce geneticamente, la sua fisicità, per cui un possesso
consapevole della stessa lo porrebbe nella condizione ideale per scoprire
anche il suo cielo interiore. Se
la Terra viene vista come un luogo casuale in cui l’uomo ha eletto la
sua dimora ma che potrebbe essere qualunque altro se solo le condizioni
ambientali lo permettessero, ecco che viene meno l’essere figlio della
Terra da parte dell’uomo. Viene meno la parte genetica sottile legata
alla madre Terra che pure è presente morfologicamente nella costituzione
umana. Lo
spermatozoo che permette la fecondazione dell’ovulo è frutto della
Terra, così come della Terra è l’energia che anima, alimenta ed evolve
il feto nella sua armonica plasticità. Per
nessun motivo e nessuna ragione l’uomo è un essere a sé rispetto alla
Terra. Lo diventa solo perché lo vuole credere anche se sulla Terra vive
da figlio della stessa che deve ritrovare la strada che lo riporta verso
casa. La strada smarrita che il figliol prodigo riconquista con la
sincerità dell’azione che con umile consapevolezza porta avanti nei
confronti della sua vera identità. E
così facendo scopre che la Terra da cui è nato e nella quale vive gli
appartiene per diritto divino poiché è dentro di sé. Così come dentro
di sé (dell’uomo) c’è il cielo, lo stesso cielo che ricerca
nell’aldilà o che ritrova dopo la “morte fisica”. E
scopre anche che cielo e terra fanno parte della Terra: sono la di lei
parte fisica (materiale) ed energetica che non hanno subito la scissione
quantitativa che l’uomo invece ipotizza nella sua realtà. In
effetti l’uomo, per prendere possesso del suo essere energetico (la sua
parte sottile legata al suo cielo) deve ritrovare la sua identità fisica
non scissa (mai scissa) da quella energetica. Così come è la realtà per
la Terra. La
Terra tutto questo lo sa già perché lo ha realizzato dentro di sé. Nel
suo percorso evolutivo ha realizzato questa certezza che sta trasmettendo
ad ogni suo figlio, uomo compreso che è anche il più restio a tale verità. La
Terra trasmette consapevolezza all’uomo e l’uomo trasmette la stessa
consapevolezza alle sue cellule, solo che le cellule sono parimenti figlie
della Terra e l’uomo questo non lo sa. Lo sta capendo ora. Si sta
accorgendo ora che ogni cellula, ogni atomo sono il suo prossimo che
ricerca la sua identità. Per trovarla, per doverla ritrovare nella stessa
realtà che accomuna cielo e terra, uomo e divinità. La
divinità della Terra e la divinità nell’uomo anche se all’uomo (per
attrazione) sembra che si trovi oltre l’aldilà, oltre il tutto creato e
concepito, addirittura oltre la realtà. Questa, così vista e formulata,
è la realtà della Terra di cui l’uomo fa parte, non la realtà
dell’uomo che casualmente vive su questa Terra. Ci
vuole consapevolezza nel concepirlo e capacità nell’esserlo. Lo uomo
deve concepire di essere gli stesso sua madre (la terra) per (solo così)
potere ritrovare suo padre (il cielo). Deve prendere coscienza di ciò che
veramente è |
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