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L'illusione 4 dicembre 2003 Arrivati
a questo punto è opportuno conoscere dove sta il mistero. Perché non si
può partecipare alla nascita del nuovo mondo, ed entrarvi, senza aver
prima capito cosa la vista fisica cela e perché ciò avviene. La
realtà è costituita da ciò che si vede, ma è una realtà personale,
soggettiva. Ognuno
vede una sua realtà e, poiché la vede tale, crede che anche tutti gli
altri vedano allo stesso modo. Questo
accomuna così tanto da far credere reale ciò che si vede senza rendersi
conto che il modo in cui si vede può essere limitato e non oggettivo. E
anche limitante perché, così come si interpreta, in ugual modo si riesce
a costruire. E limitativo perché, in base a come si pensa, così si vive;
senza adoperare ciò che esiste ma non è concepito proprio perché non
visto. Del resto ipotizzare la realtà ne sfalsa valori e significato. La
percezione della realtà, qualora avvenisse in modo diverso da quello
visivo, potrebbe riservare sorprese a dir poco incredibili. La
realtà appare in funzione degli organi della percezione e pertanto per
potere dire “la realtà è così” bisognerebbe poter spaziare nei vari
modo in cui è possibile recepirla; o possedere un organo che ingloba
tutte tali capacità. Un
organo comune a tutti per evitare che qualcuno possa sentirsi escluso
dalla percezione della vera realtà. Tutto è vibrazione e va bene, tutto è vibrazione in frequenza e va bene, tutto è energia che vibra in frequenza e va bene, ma c’è dell’altro: è anche coscienza. Coscienza
attributo di tutto, di tutti ed ognuno. Coscienza
che deve riconoscersi, interpretarsi ed interagire con se stessa
nell’universo della conoscenza. Perché questo universo si basa sulla
conoscenza. E si distingue per la conoscenza e, quando manca, tutto giace
immobile in se stesso; attorcigliato, in attesa di essere srotolato. Coscienza
che deve scoprirsi anima integrata nel suo regno. Perché il regno
dell’anima è la conoscenza dell’universo, di questo universo. L’uomo, per scoprirsi anima, per sentirsi anima, deve conoscere se stesso. Un Sé che se gli sfugge lascia irrisolto il problema. Un Sé che è invisibile perché l’uomo non ha ancora sviluppato il giusto mezzo per comprenderlo. Un Sé che rende il vuoto pieno e partecipe della manifestazione. E
questo è il punto: un vuoto che è pieno; pieno sempre di se stesso. Questo
vuoto è coscienza da definire attraverso la conoscenza del pieno. Animando
il vuoto si raggiunge se stessi: il proprio Sé. Si realizza il Sé,
quella coscienza cosmica che anima l’universo e lo contiene. Perché
contiene tutto, anche se stessi. Per
cogliere l’argomento bisogna comprendere che il vuoto non esiste. Quando si raggiunge il vuoto dentro di sé, ci si centra con il pieno; il tutto pieno. Ci si centra attraverso la coscienza, l’organo preposto a tale decodifica energetico vibrazionale. Mente
ed occhi non hanno accesso, a meno che la coscienza non abbia maturato lo
stato dell’anima riuscendo prima a percepire e poi concepire che non
c’è alcuna separazione tra sé stessi e il tutto. La
voce dell’anima, quando si fa sentire, manda alla coscienza segnali
chiari ed inequivocabili. La costringe ad interrogarsi per farle maturare
il suo requisito naturale, la percezione. Percezione dell’invisibile, di
ciò che non si vede né si tocca. Conoscenza
che manca è vuoto da riempire. Vuoto da concepire ed animare fuori e
dentro di sé. L’invisibile
pieno, il vuoto che separa, è spazio tempo da riempire. Da conoscere per
comprenderlo in sé; per prenderlo in sé. Bisogna
eliminare la percorrenza dello spazio attraverso il tempo. Bisogna cioè
concepire che il vuoto è energia che vibra ad una frequenza che
l’occhio non percepisce. E che nemmeno gli strumenti di indagine
percepiscono perché basati su come si ipotizza la realtà; realtà che è
infatti concepita in modo parziale. In modo relativo alla propria
conformazione che si pensa sia l’unica possibile in grado di esprimere
al meglio le potenzialità della natura. Ma
se il vuoto è il pieno che non si vede perché non si concepisce cos’è,
allora ciò che appare non è soltanto relativo: non è la realtà. È
un’illusione. Si
coglie l’illusione, vi si fonda la ragione e si crea la realtà. Una
realtà che, proiezione di ciò che si crede e si vede, determina la vita
scandendone ritmi e periodicità. Questo comunque è normale, naturale per l’uomo che ha struttura per vivere in questo modo. Non lo è in assoluto: non lo è come riferimento unico e possibile di vita. Anche
perché, fin tanto crede sia così, che questa sia la vera realtà,
l’uomo non prova nemmeno ad indagare se dentro di sé c’è
qualcos’altro che, sempre suo, stenta a venire fuori perché lui è
letteralmente affossato in una gabbia energetica che gli fa da scudo e da
barriera. Una barriera energetica che lo protegge e preserva da ciò che
non coglie solo perché non si pone a prenderlo, a farlo proprio;
determinando così l’oltre, il vuoto. Però l’uomo, ormai prossimo ad una realtà multidimensionale cosciente, può recepire vibrazioni energetiche diverse. La
Terra infatti, cambiando frequenza, sviluppa in automatico percezioni
relative in una struttura dello uomo che, risvegliata perchè libera di
esprimersi, deve soltanto abituarsi a poterlo fare. Cogliendo quella
parte, una parte, di invisibile che prima non era possibile individuare. La
multidimensionalità prevede e permette infatti di abbracciare con
coscienza più strati nel proprio essere. Essere che non è la struttura
fisica soltanto; essere che non può continuare ad essere limitato alla
stessa e dalla stessa. Basta scoprire l’invisibile. Anzi,
ecco perché viene fuori l’invisibile; per sollecitare l’attivazione
cosciente di un corpo energetico, che comunque c’è già anche se non
viene adoperato con coscienza e capacità, necessario all’uomo nuovo
perché lo rende un uomo nuovo. Per entrare meglio nel concetto della multidimensionalità e della profondità percepibile, si dovrebbe pensare ad un invisibile colorato degli stessi colori ai quali fa da sfondo. Energia che non viene percepita perché neutra, “trasparente”. E
che la vista non percepisce perché la mente coglie solo i colori che
concepisce. |
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