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Habitat naturale

24 dicembre 2004

L’uomo è sul piano, la Terra nello spazio. Il rapporto che lega l’uomo alla Terra si può ridurre a questa semplice affermazione: l’uomo è nello spazio tramite la Terra essendo la Terra l’habitat naturale dell’uomo e lo spazio quello della Terra.

L’uomo è un terrestre che fa parte dello spazio. La sua evoluzione è lineare, quella della Terra è spaziale. La coscienza dell’uomo è lineare e terrestre, quella della Terra è spaziale e solare.

La Terra guarda l’universo attraverso la coscienza solare che le fa da maestro e velo. L’uomo vede il Sole attraverso il velo della Terra che gli fa capire che oltre se stessa c’è dell’altro. Che oltre la fisicità che lei impone c’è la spazialità dove lei vive; c’è l’oltre che lei sta perseguendo nella sua evoluzione.

L’evoluzione della Terra avviene attraverso cicli che la indirizzano a perseguire obiettivi di natura cosmica e spirituale. Deve prendere coscienza di essere in grado di spaziare nell’universo senza sentirsi protetta oppressa dal Sole e vincolata al solo sistema solare.

Ed il Sole è pronto a concederle tale alternativa accogliendola in una parte più profonda di sé che la immette veramente nell’universo dove la coscienza solare è attiva in modo diverso. Attiva in un rapporto di reciprocità con sistemi che si avvalgono della sua datività ed offrono la loro frutto di esperienze evolutive di natura diversa perché condizioni diverse hanno generato ambienti propizi ad un diverso tipo di materia (volendola così equiparare alla fisicità che la Terra concepisce).

La Terra quindi va “fuori” dal sistema solare fisico per studiare e dare; per apprendere e per offrire ciò che frutto di esperienze è ora divenuto sintesi.

In pratica la Terra, divenuta adulta, può viaggiare e conoscere verità stellari che prima intuiva soltanto perché filtrate dalla coscienza solare che distribuisce conoscenza funzionale al grado di apprendimento di chi riceve le informazioni.

Ritenere che la Terra fisica sia in moto perpetuo nel sistema solare di cui fa parte vincola la attenzione alla sola natura fisica del sistema stesso; e fa apparire il mondo come un immenso cratere dove convergono le forze comparate all’energia stellare che ne regola flusso ed omogeneità.

Il termine cratere viene usato per rendere evidente che, se è enorme, chi vi si trova dentro e non ne coglie il senso perché non intravede limiti e confini, lo può intendere come l’universo stesso. Universo oltre tutto in cui ogni ipotesi deve sottostare alla speculazione scientifica portata avanti in modo astratto per avvalorare schemi che periodicamente vengono ribaltati o ampliati quando si scopre qualcosa di innovativo e sostanzialmente valido per aprire varchi verso nuove e più profonde frontiere.

Uscire dal cratere vuol dire affrontare un’energia diversa passando attraverso il velo che il sistema solare impone proprio per evitare che si venga sopraffatti da ciò che la coscienza mai potrebbe concepire se prima non affronta la vita sotto l’aspetto della metamorfosi e della trasformazione.

Accorgersi di essere energia è il primo passo sostanziale verso i reami della conoscenza occulta dove vita non ha valenza fisica ma di intelligenza pura. Intelligenza costruttrice, creatrice di mondi e galassie dove il termine infinito non si pone nemmeno come enigma perché connaturato all’Essere.

Essere l’essenza di sé è il secondo passo sostanziale perché permette di essere energia pensante che, più perde consistenza e valore fisico, tanto più acquisisce immediatezza di sintesi e di omogeneità con l’insieme di cui fa parte. E l’insieme può ben essere una galassia, un universo. Si tratta però di sperimentarlo e per questo occorre la trasmutazione.

Trasmutare significa dissolvere e creare. Creare, non diventare in virtù di ciò che si dissolve. Non passività verso l’ignoto che si apre a chi supera il limite che separa il fisico da un’energia intelligente più sottile, ma capacità di una consistenza diversa non legata all’energia fisica e per questo (ben per questo) uniformata ed in linea con quanto la galassia esprime su frequenze diverse rispetto alla gamma d’onda che l’uomo ed i suoi strumenti riescono a percepire.

Anche perché si è in una parte diversa della vita; dove non si è né vivi, né morti. Si è. Si è sperimentatori perché si è la vita stessa con le sue innate capacità di essere sempre e comunque.

Il raffronto che la coscienza fa tra vita e morte fa credere che l’immortalità sia un fatto di continuità: di continuità di esistenze.

Immortalità è semplicemente essere, senza porsi il problema. Senza creare una proiezione che valuta la vita che gli deriva da un generatore (un generato quindi che valuta a modo proprio crescendo, trasformandosi ed agendo).

Tutti concetti comunque legati al tempo. Tempo che ha valore solo nell’ambito del sistema solare e nemmeno in modo uguale. Perché la Terra ha un suo tempo in funzione delle declinazioni che compie attorno al Sole spostandosi dal suo asse per periodicamente riequilibrare la fase come se una notte galattica divenisse giorno.

E quando questo accade la coscienza è pronta. Deve essere pronta ad affrontare il suo Sé superiore che le fa da contrappeso energetico duttile e costante permettendo la vita anche a livello infinitamente piccolo perché la struttura si sta autoesaminando conoscendosi. Conoscendosi attraverso la intelligenza di cui deve prendere possesso e che viene fuori in modo sempre più evidente quando evidente è la trasmutazione che l’investe.

L’investitura è il terzo momento sostanziale; sostanziale per l’uomo perché lo pone al centro dell’universo. Non in maniera egocentrica, ma creativa. Il suo universo infatti collima perfettamente con l’universo in quanto insieme che si esprime non tenendo conto del relativo che prende forma di realtà.

Oltre la barriera quindi, oltre il sistema solare, oltre la barriera che il sistema solare propone ed impone c’è tutto ciò che la coscienza dativa del Sole concepisce oltre la forma. Oltre la forma fisica e la materia in generale. Oltre l’energia che l’uomo intuisce e concepisce anche.

 

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