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Extraterrestri 2 settembre 2003
Un
abitante di un altro pianeta è un extraterrestre. Una
forma di vita diversa da quella concepita sulla Terra è extraterrestre. La
cosiddetta fisicità è sinonimo di garanzia solo per un certo tipo di
vita. La
vita che l’universo sviluppa ha molteplici sfaccettature e, se vogliamo,
un certo (o altro) tenore di vita non prevede la fisicità. Come non
prevede l’incombente bisogno di soddisfare necessità legate al fisico o
a quanto all’uomo sembra costituisca benessere per un vivere migliore. Se
il corpo non avesse esigenze fisiche di sopravvivenza, tanti problemi
legati e connessi scomparirebbero. L’acqua,
per esempio, non costituirebbe fonte di degrado nei luoghi dove manca e
dov’è difficile l’approvvigionamento. Il
denaro varrebbe niente se la non fisicità non avesse esigenze da
soddisfare legate al lusso o anche semplicemente a beni di prima necessità. Senza
supporre comunque che non ci sia appagamento in un genere di vita non
legato alla fisicità, anzi. Anzi e tutt’altro. Perché, venendo meno
tante funzioni legate alla sopravvivenza, si è più proiettati verso
valori di carattere più sottile ed attinenti a scopi da realizzare per sì
un miglioramento della vita, ma dove la vita non prevede la morte. Una
forma di vita eterna che non si basa sul corpo fisico, corpo fisico che è
quanto di meglio l’evoluzione terrestre riesce a produrre, non corre il
rischio di deteriorarsi. Il
corpo etereo, che è quanto di meglio un tipo di evoluzione più sottile
(rispetto a quella terrestre) riesce a produrre, non può morire. Cosa
questa che fa saltare i parametri tempo spaziali che permettono (ma
obbligano) alla vita di esprimersi entro certi limiti. Fino ad un tot. Tot
che, costituendo sulla Terra la durata media della vita di un corpo
fisico, costringe a trasferirsi in altra condizione chi in quel corpo ha
maturato la sua esperienza. Condizione che, non facendo più parte della
fisicità, non è nemmeno percepibile con organi fisici. Ecco
che allora l’uomo giustamente non s’accorge di forme di vita a lui
vicine ma intangibili semplicemente perché non le vede, né le tocca o
sente. Anche
se sul sentire ci sarebbe da approfondire oltre, ormai non è più nemmeno
necessario. Una
proiezione o aspettativa della vita umana è prolungare il più possibile
la sua esistenza a livello di persona; una sfida quasi verso la conquista
dell’immortalità. La
coscienza, dell’uomo, sa già che questo è possibile ed agisce per vie
diverse rispetto alla fisicità. Agisce rincorrendo possibilità di vita
extracorporee quasi a controprova che esiste una dimensione più sottile
dove è possibile che la vita degli umani continui una volta cessata
quella dell’involucro fisico. In
effetti l’aspettativa della coscienza si differenzia, in apparenza, da
quella fisica ed insegue tracciati e teoremi su cui potere solidificare ciò
che è frutto di una speranza di non morte. Che
la coscienza viva ancora (continui a vivere) dopo la scomparsa del corpo
fisico, per l’uomo resta un mistero irrisolto; da appurare in modo
personale per chi lo vuole, o più semplicemente affidandosi ad altri che
in fondo promettono che è possibile raggiungere ciò che loro stessi
hanno invece sperimentato acquisendone coscienza e relativa capacità. Però
i conti non tornano, né possono tornare perché manca l’interlocutore.
Manca cioè chi fa da specchio a se stessi a controprova di essere già
vivi in una dimensione dove abitualmente la coscienza dimora; ma che la
fisicità non permette ancora di raggiungere, anche se sta velocemente
evolvendo verso un suo più evoluto stato d’essere. Come
se l’uomo oggi, basato e proiettato nella sua fisicità, sviluppando così
tanto tutto quello che reputa necessario al suo essere per stare bene,
avesse di fatto creato una barriera con se stesso, con quella parte di sé
venuta in Terra ad istruire il corpo. Come
se il corpo, nella sua proiezione verso l’autosufficienza e quindi verso
l’immortalità, concepito di essere vivo in quanto sente e sperimenta la
sua fisicità, avesse preso in mano le redini della sua proiezione
fermandosi però, giustamente, dove non gli è consentito ancora di
spingersi. Come
se la spiritualizzazione della materia (procedendo a grandi passi verso la
realizzazione di tale progetto che intende assodare e consolidare che
nulla muore mai qualunque possa essere il modo o i mezzi di cui si dispone
per capire di essere vivi sempre) raggiunto il punto critico dove
l’egoicità deve per forza cessare se vuole aprirsi a ciò che ha già,
si trovasse ora nella condizione di dovere appurare il percorso collettivo
svolto per, traendo le somme, capire ciò che è. La
materia, e quindi la Terra e la fisicità in generale, sta in questo
momento verificando il contenuto del suo essere. E se lo può permettere
perché la spiritualizzazione ha raggiunto parametri tali da consentire la
ricongiunzione tra i due poli della stessa energia, dove uno è materia,
l’altro coscienza. La
coscienza dell’energia, per capire di essere eterna, deve prima
concepire di essere immortale e questo passaggio va fatto partendo da un
ipotetico inizio, creato ad arte, così da raggiungere vari stadi dove
sempre meglio si forma la consapevolezza dell’esistenza e dello essere. Capacitarsi
come coscienza significa essere, essere nella consapevolezza dello stato
acquisito. Cosa questa che permette (perché proietta) di affrontare il
tema vita in funzione di una coscienza che, tendendo al divino, ha sempre
meno bisogno di riferimenti energetici (anche sottili) per scoprirsi e
concepirsi contemporaneamente viva e presente in tutto, addirittura senza
che il tutto debba esistere per dimostrarlo. Questa
capacità riguarda comunque stati molto elevati che si iniziano a
percepire solo dopo avere attraversato l’universo nella sua densità
portandosi a ridosso dell’annichilimento sapendolo concepire. Dove
l’annullamento è condizione necessaria per qualunque eventuale inizio,
o riscoperta di ciò che è già nella densità del tutto e che può
apparire come universo a sé, da perforare e sperimentare. Perforare
un universo significa proprio passarci dentro, attraversarlo nella sua
intrinseca struttura che è densità energetica a livello di pensiero
puro, pensiero di creazione. Avvicinare
l‘uomo ad altri abitanti dello spazio è oggi una condizione necessaria
ed anzi essenziale per far sì che egli possa concepirsi come energia, così
come sono tanti suoi fratelli che nel cosmo possono essere paragonati a ciò
che l’uomo potrebbe diventare se continuasse a sperimentare la sua
coscienza fisica (in un tempo estremamente lungo però) per acquisire il
corpo di luce. La
spiritualizzazione attuale della materia ha però valenza sufficiente per
affrontare il salto che la proietta in una forma fisica non più densa.
Anche se compatta e con esigenze di vita del tutto diverse rispetto a
quelle note, sperimentate, abusate ed anche inesplorate a causa di un
dinamismo che non può tenere conto di tutte le sue possibilità in un
tempo che, pur apparendo enorme, è inezia rispetto al sempre presente. Divenendo
l’uomo simile a chi è già in tale condizione, è naturale che venga
accolto e preparato all’evento della transizione in modo realistico; così
che possa toccare con mano ciò che egli stesso sarà a passaggio
avvenuto. Extraterrestre
è per l’uomo tutto ciò che è oltre la sua fisicità, oltre il suo
concetto di vita. In fondo, se vogliamo, la stessa spiritualità che
l’uomo ricerca è una forma di vita extraterrestre. E,
prima o poi, chi cerca trova. Trova anche gli extraterrestri.
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