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L'ego, la morte, il sé e l'aldilà 29 luglio 2004 Per
realizzare un progetto occorre avere ben chiari i valori di riferimento.
Occorre cioè avere individuato il modo in cui eseguirlo e ciò di cui si
ha bisogno per renderlo attuabile. Facendo
un procedimento inverso, e cioè considerando ciò di cui si dispone, è
anche possibile riuscire ad individuare un progetto in fase di esecuzione,
anche se non dichiarato palesemente. Prendendo
come spunto l’uomo è possibile considerare due aspetti fondamentali. O
due coppie di aspetti: l’ego ed il sé e la morte e l’aldilà. Ma
ciò, anche se sembra cogliere la vita in profondità, è un modo
semplicistico di considerare le cose perché si scinde (infatti si
considera il tutto come facente parte di una continuità) quello che è
invece un unico costrutto: il progetto base che prevede e contempla tutto
ciò simultaneamente. Simultaneità
di un’azione che dipende, indubbiamente, da chi sta pilotando e che non
è l’uomo. L’uomo
non è in grado di assumersi questo compito perché ancora troppo
incentrato sull’ego e per conseguenza sulla morte. Compito questo che
invece attiene al sé, ma che determina una netta separazione tra la realtà
tangibile e fenomenica (per l’uomo) e l’aldilà cui fa riferimento il
dopo morte (e l’ invisibile in generale). Ciò
che contraddistingue l’uomo è la capacità di operare in ambienti
“duri”. Là dove la sua fisicità può poggiare senza correre il
rischio di venire sbalzata verso l’ignoto. Già
il contatto con l’acqua rende l’uomo timoroso, e meno ancora egli
riesce a padroneggiare l’aria. La pressione infatti gli impedisce di
immergersi con mezzi propri oltre un certo limite, e meno ancora di
potersi librare nell’aria. Queste
considerazioni, che possono sembrare superflue e non attinenti allo
sviluppo dell’uomo nel suo ambiente naturale, costituiscono la base per
ridefinire parametri fisici finora lasciati in esclusiva alla
trascendenza. Spostare
l’attenzione sul sé, su ciò che l’uomo è in modo per lui
inconsapevole perché attinente ad una condizione extrafisica, consentirà
all’uomo stesso di concepire di essere contemporaneamente presente (e
pertanto vivo ed agente) anche in quella fascia dimensionale che al
momento riguarda ancora l’aldilà dal fisico e dal terreno. Sé
ed aldilà sono al momento per l’uomo la meta da realizzare. Sono la
vita ed il luogo in cui si vive oltre fisicità ed ego perché
nell’essere umano manca la completezza in ciò che è: un’entità uomo
compartecipe, a livello intelligibile, di più piani di consapevolezza;
simultaneamente ed in piena vigilità. Questo
significa riassorbire uno spaccato di vita. Significa ridefinire la vita
su parametri in cui la realtà s’interfaccia con più universi
dimensionali dove la forma è relativa ed assume connotati in linea con
l’ambiente. Universi interiori che non possono di certo ospitare la
fisicità; ma la coscienza sì. Ed
è proprio la coscienza che deve fare il passaggio agganciando l’anima.
Agganciandosi all’anima per non restare ancorata in una terrenità dove
il corpo muore e ciò che resta vaga e vive in una sfera che si alimenta
proprio di questo controsenso. Dal non avere il senso completo della vita
che si esprime sia sulla Terra che oltre. Oltre che non è l’aldilà dei
morti ma universi di vivi. Le
sfaccettature sono tante ma la sostanza, la vera sostanza, è una:
l’immortalità. Perché alla
luce dell’uomo che muore tutto è relativo ed allora la coscienza cerca
la pienezza del suo essere; cerca ciò che le manca per essere completa e
si rifugia in una continuità che le consente (o impedisce) di non morire alla
luce dell’uomo immortale ogni relatività cessa perché subentra la vita
che si esprime direttamente attraverso atti consapevoli e non inconsci;
atti non più relegati in un inconscio che automaticamente mette in
movimento processi che definiscono fisicità ed oltre.
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