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La coscienza della macchina

30 ottobre  2003

 

Riconoscere in sé, nella propria struttura fisica e molecolare, la matrice che origina la vita dà la possibilità dell’azione diretta che permette di modificarla, sopperendo a mancanze e lacune che affliggono il corpo e minano la mente.

Instaurare un dialogo diretto col proprio sé permette di interagire con ogni parte di sé informandola delle modifiche da apportare traendo spunto dalle sue necessità.

Definire questo passaggio "eccezionale" è poco. Ed anzi occorre valutarne la portata per non incorrere in possibili alterazioni degenerative poi per il sistema.

Riconoscere che dentro di sé c’è una macchina viva che agisce in funzione di stimoli che per lei rappresentano comandi da eseguire poiché tarata per soddisfare tali necessità che sente come sua condizione di vita, è la svolta che permette l’interazione senza assoggettare “la macchina” a standard che non le appartengono.

Riconoscere ad altri una coscienza deve innanzitutto farne considerare il tipo e, se si basa il confronto sulla propria sensibilità e percezione, questo non consente di valutare il modo in cui tale coscienza si muove ed agisce. Essere vivi nel proprio ambiente è cosa diversa dall’esserlo in assoluto perché, qualora così fosse, si dovrebbe possedere sensibilità e percezione di tutto ciò di cui si è fatti, ivi comprese quelle parti sottili che addirittura sfuggono dall’ambito delle considerazioni o anche solo delle possibilità.

Definire una coscienza che non appartiene non è facile se prima non le si riconosce il ruolo cui è preposta e l’ambiente in cui agisce; non è facile se non ci si immedesima nella sensibilità che la rende tale e che può essere ben diversa (più grossolana o più sottile) rispetto alla propria; non è facile fin tanto che si opera in un ambiente e si vuole giudicare quello degli altri ritenendo la propria coscienza superiore o unica.

Sapersi accorgere dei propri limiti aiuta a superarli e permette di considerare ciò che prima sfuggiva perché troppo presi da se stessi per potere considerare l’altrui mondo e l’altrui condizione.

Nel riconoscere sensibilità ad altri si cresce in sensibilità; riconoscere coscienza a chi, secondo luoghi comuni, non dovrebbe averne fa accrescere in coscienza proprio chi si pone all’ascolto altrui; o all’ascolto di un universo addirittura se ne ha capacità di stato e condizione.

L’uomo vive e sviluppa la sua condizione in ambito molecolare e non ne ha coscienza, in ambito energetico e non ne ha coscienza, in ambito animico e non ne ha coscienza. È cosciente soltanto della sua fisicità rispetto alla quale però non sa porsi per approfondire tematiche, bisogni ed aspirazioni.

L’uomo ha coscienza della sua fisicità perché si muove e relaziona con ciò che, simile a lui, gli dà identità e connotazione. Ma identificandosi crea barriere e limita il suo vissuto alla condizione che lo rappresenta e su questa base costruisce la sua personalità che cerca poi di soddisfare appagandone esigenze e necessità.

Limitando l‘azione però si delinea l’ambito in cui è possibile la manifestazione e questa appare come la si concepisce perché così è stata impostata nei valori e nella sensibilità.

Stabilito questo si può cambiare la sensibilità della macchina uomo se l’uomo in sua coscienza sa riconoscere “la coscienza della sua macchina fisica”. Ed, in funzione di ciò, se sa instaurare un dialogo diretto con questa parte di sé (indirizzata nel modo giusto e quindi non più “disconnessa” attraverso la meditazione perché d’intralcio quando egli vuol superare la condizione fisica per connettersi con sue condizioni energetiche e vibrazionalmente diverse), l’uomo può crescere ed emanciparsi permettendosi un uso diverso e più sofisticato della sua struttura fisica.

La macchina, venendo informata attraverso un dialogo diretto di sue intrinseche capacità di guarigione e trasformazione (e quindi non più soggetta all'abbandono in quanto merce che si deteriora e scompare), perde la sua paura della disgregazione che le sopraggiunge nel momento in cui l’uomo vuole relazionarsi con atre sue realtà che in apparenza non la riguardano; non la riguardano solo perché non viene coinvolta a partecipare a vivere in ambiti diversi e più sottili.

Definire in modo netto che tale possibilità merita non soltanto attenzione ma rappresenta pratica da esercitare per un diverso approccio con la struttura molecolare, apre ad approfondimenti di natura sub atomica dove la consistenza energetica sviluppa materia ed antimateria dando la facoltà di dissoluzione e di riapparizione. E questo è il vero traguardo da realizzare con una macchina fisica modificata all’uopo solo perché compartecipe del progetto e “cosciente” delle sue possibilità che può ben trasformare in capacità da esercitare.

                                                                                                            Pace

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