F M O O

fmoo@ottavaora.it

Le avanguardie dell'Amore

1 ottobre  2003

 

Decidere di farsi riconoscere da parte di chi nutre aspettative verso ciò che il nuovo piano di coscienza può dare, vuole essere un atto di tangibile solidarietà attraverso cui dimostrare l’esistenza di una galassia viva che si conosce solo entrando in Vª dimensione.

Entrando e non creando la Vª dimensione perché esiste già.

Questo contributo alla partecipazione è riservato a chi, sulla scia del suo coraggio, vuole prove tangibili che ciò in cui crede sia vero; ed è possibile solo perché proporzionalmente subentra l’acquisizione di un nuovo stato di coscienza in chi attualmente si potrebbe definire avanguardia dell’Amore.

Il tema dell’Amore, in Vª dimensione, rappresenta la novità vera alla quale uniformarsi per comprendere quanto sia importante basare la propria esistenza sulla donazione di ciò che si è per concepire come prendere quello di cui si ha necessità.

Si diventa prodighi quando si è capito che l’io serve alla sopravvivenza e non si è funzionali al possesso. Si prende tutto ciò di cui si ha necessità perché si deve dare agli altri quello di cui loro hanno bisogno. Bisogno che, non commisurato all’esigenza fisica, non condiziona al possesso di ciò che è liberamente fruibile.

Concepire la vita come partecipazione ad un progetto unico mette nella condizione di vivere la vita all’interno di una comunità che provvede al reciproco sostentamento senza che nessuno abbia a trattenere niente per sé.

Quando il bisogno non è di natura fisica, ecco che tutto quello che concerne il fisico viene dato automaticamente; a sancire una condizione che dimostra che l’accresciuta coscienza può fare a meno di ciò che a quel punto la natura le da in automatico.

Subire condizioni deprimenti non è più necessario quando si è capito che il possesso dello effimero non può trovare appagamento perché costretti sempre ad abbandonare la cosiddetta ricchezza materiale che sembra invece andare spontaneamente incontro a chi, tante volte, nemmeno la cerca.

Nella società del benessere collettivo la natura del bene si identifica con l’Amore, ma dovendo capire bene cosa significa, cosa implica e cosa presuppone.

Parlare d’Amore spesso svia verso abbandoni estatici in cui la forma pensiero si appaga di una condizione che reputa ideale, perché la pone in un’espansione tale da non avere più le necessità che ordinariamente conosce. Ma è quella tale forma pensiero che prova quelle sensazioni che, reputate divine, poi insegue costantemente per raggiungere la sua felicità. Insegue creando così a livello mentale ed emozionale un mondo rifugio in cui ogni cosa è concessa; e nel migliore dei casi identificandosi con la divinità stessa, senza comunque volere o potere rinunciare alla propria individualità che pensa debba continuare a perdurare nell’ambito della divinità.

In effetti questa forma pensiero è un parto dell’io che, percependo l’oltre, cerca a suo modo di possederlo sempre. È un’espansione dell’egoicità in una dimensione intuibile nella quale l’egoicità intende in qualche modo entrare per non perdere il possesso della sua stessa individualità che, qualora così non fosse, finirebbe e si esaurirebbe con la morte fisica. Anche perché l’uomo è l’espressione massima del possesso; accumula patrimoni e regni pur non avendo tante volte nemmeno l’alibi di una discendenza da volere salvaguardare.

L’ego si misura con la vita per concepire la vita e, quando ciò avviene (quando dunque ha capito, l’ego si deve anche rendere conto e, se non si rende conto, significa che non ha ancora compreso) la vita si amplia di condizione perché abbraccia un piano dove il possesso non ha motivo d’esistere in quanto tutti nella condizione di prendere ogni cosa. Cosa questa nemmeno necessaria poiché non ci sono più esigenze particolari da appagare o parentele da sistemare. Si è tutti liberi di essere e, poiché si è in tale piano dimensionale, si è uniti per l’attuazione di progetti comuni che riguardano la colonializzazione della galassia (a livello impersonale e quindi non per assoggettare), per dare modo alla stessa di partecipare con coscienza unica all’unico grande progetto che è il piano divino.

L’Amore in quest’ambito non può essere un dono. Non può essere incondizionatamente uguale per tutti ma proporzionale al bisogno; nel senso che non si deve dare più di quanto l’altro possa concepire e supportare.

Poiché si tratta sempre di prendere coscienza (attraverso l’esperienza) di qualcosa della quale si ha intima necessità, e poiché cessata la fase egoica (inesistente in Vª dimensione) si può considerare la vita sotto l’aspetto della datività (perché tale è il ruolo che si assume), ecco che questo Amore non può essere istintivamente emozionale; deve essere centellinato in funzione del bisogno del ricevente che, nel caso della galassia, offre un’infinita gamma di situazioni da potere considerare con soluzioni connesse.

Si tratta di espandere la conoscenza della quale si è portatori a chi può fruirne per inquadrare ed impostare il suo genere di vita. Cosa questa che va fatta non in maniera isolata, bensì come dimensione che si esprime e che è in grado di dare il necessario ed adeguato supporto a chi si pone in sintonia con la stessa.

Entrare in Vª dimensione significa anche assumersi degli obblighi commisurati al ruolo che si va ad esercitare; ed è importante precisare comunque che tutto procede in maniera lineare perché lo sforzo è comune e concentrato sulla riuscita di progetti dove i partecipanti hanno caratteristiche idonee alla formazione ed all’insegnamento nei confronti di chi, loro tramite, viene messo nella condizione d’agire in proprio per potere gradualmente raggiungere tale stesso stato di consapevolezza.

Ma poiché la Vª dimensione è capacità per quanto concepito a livello di dimensione ed è coscienza che si espande verso una conoscenza più profonda che riguarda la formazione di universi, ecco che la dimensione stessa è perennemente in ascolto di direttive cosmiche che possono permettere sempre meglio l’approfondimento di temi al momento inconcepibili per chi della Vª dimensione inizia solo a farne parte.

Importante comunque è esserci e partecipare perché il cambiamento è sostanziale di per sé e non bisogna dimenticare che, venendo a fare parte della Vª dimensione, l’uomo è come se entrasse in un mondo incantato dove tutto è possibile. Per far sì che sia anche fattibile però (visto che il suo sforzo non sarà più verso se stesso ed inerente ai valori che prima concepiva) l’uomo deve rendersi conto che ciò che per lui è possibile in questa sua nuova condizione, non lo è per chi riceve le sue attenzioni che deve invece contare su se stesso per realizzare quelle che sono le sue necessità. Certamente attraverso l’aiuto, questo sì (aiuto sincero ed incondizionato) ma limitatamente al bene che il ricevente ne dovrà trarre e che dovrà rispettare i canoni della datività (che non è elargizione miracolistica).

Arrivati al dunque, a questo dunque, chi è già entrato in Vª dimensione (e non se ne rende ancora perfettamente conto anche se, ben per questo si sente sempre più estraneo nella sua dimensione di provenienza) può iniziare a vedere ciò che in precedenza percepiva soltanto ma ci credeva. Può iniziare a fare parte attiva di un progetto che vuole la luce come veicolo d’Amore caricandola della conoscenza necessaria affinché ci sia quella unificazione che, quando accade, porta in Vª dimensione.

Le due componenti della luce, fisico ed eterico, sono tali quando si sperimenta nei piani tempo spaziali. In Vª dimensione tale esperimento è concluso, non è necessario ed ecco che la coscienza diviene consapevole certezza di un vissuto collettivo che la Vª dimensione ha di fatto estrinsecato dimostrandolo.

Per vedere occorre saper vedere e non voler vedere; così come per sentire bisogna solo sapere ascoltare.

Si ascolta con la mente e si vede col cuore; si vede ciò che il cuore contempla, il vero Amore.

indietro

home