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Le avanguardie dell'Amore 1 ottobre 2003
Decidere
di farsi riconoscere da parte di chi nutre aspettative verso ciò che il
nuovo piano di coscienza può dare, vuole essere un atto di tangibile
solidarietà attraverso cui dimostrare l’esistenza di una galassia viva
che si conosce solo entrando in Vª dimensione. Entrando
e non creando la Vª dimensione perché esiste già. Questo
contributo alla partecipazione è riservato a chi, sulla scia del suo
coraggio, vuole prove tangibili che ciò in cui crede sia vero; ed è
possibile solo perché proporzionalmente subentra l’acquisizione di un
nuovo stato di coscienza in chi attualmente si potrebbe definire
avanguardia dell’Amore. Il
tema dell’Amore, in Vª dimensione, rappresenta la novità vera alla
quale uniformarsi per comprendere quanto sia importante basare la propria
esistenza sulla donazione di ciò che si è per concepire come prendere
quello di cui si ha necessità. Si
diventa prodighi quando si è capito che l’io serve alla sopravvivenza e
non si è funzionali al possesso. Si prende tutto ciò di cui si ha
necessità perché si deve dare agli altri quello di cui loro hanno
bisogno. Bisogno che, non commisurato all’esigenza fisica, non
condiziona al possesso di ciò che è liberamente fruibile. Concepire
la vita come partecipazione ad un progetto unico mette nella condizione di
vivere la vita all’interno di una comunità che provvede al reciproco
sostentamento senza che nessuno abbia a trattenere niente per sé. Quando
il bisogno non è di natura fisica, ecco che tutto quello che concerne il
fisico viene dato automaticamente; a sancire una condizione che dimostra
che l’accresciuta coscienza può fare a meno di ciò che a quel punto la
natura le da in automatico. Subire
condizioni deprimenti non è più necessario quando si è capito che il
possesso dello effimero non può trovare appagamento perché costretti
sempre ad abbandonare la cosiddetta ricchezza materiale che sembra invece
andare spontaneamente incontro a chi, tante volte, nemmeno la cerca. Nella
società del benessere collettivo la natura del bene si identifica con
l’Amore, ma dovendo capire bene cosa significa, cosa implica e cosa
presuppone. Parlare
d’Amore spesso svia verso abbandoni estatici in cui la forma pensiero si
appaga di una condizione che reputa ideale, perché la pone in
un’espansione tale da non avere più le necessità che ordinariamente
conosce. Ma è quella tale forma pensiero che prova quelle sensazioni che,
reputate divine, poi insegue costantemente per raggiungere la sua felicità.
Insegue creando così a livello mentale ed emozionale un mondo rifugio in
cui ogni cosa è concessa; e nel migliore dei casi identificandosi con la
divinità stessa, senza comunque volere o potere rinunciare alla propria
individualità che pensa debba continuare a perdurare nell’ambito della
divinità. In
effetti questa forma pensiero è un parto dell’io che, percependo
l’oltre, cerca a suo modo di possederlo sempre. È un’espansione
dell’egoicità in una dimensione intuibile nella quale l’egoicità
intende in qualche modo entrare per non perdere il possesso della sua
stessa individualità che, qualora così non fosse, finirebbe e si
esaurirebbe con la morte fisica. Anche perché l’uomo è l’espressione
massima del possesso; accumula patrimoni e regni pur non avendo tante
volte nemmeno l’alibi di una discendenza da volere salvaguardare. L’ego
si misura con la vita per concepire la vita e, quando ciò avviene (quando
dunque ha capito, l’ego si deve anche rendere conto e, se non si rende
conto, significa che non ha ancora compreso) la vita si amplia di
condizione perché abbraccia un piano dove il possesso non ha motivo
d’esistere in quanto tutti nella condizione di prendere ogni cosa. Cosa
questa nemmeno necessaria poiché non ci sono più esigenze particolari da
appagare o parentele da sistemare. Si è tutti liberi di essere e, poiché
si è in tale piano dimensionale, si è uniti per l’attuazione di
progetti comuni che riguardano la colonializzazione della galassia (a
livello impersonale e quindi non per assoggettare), per dare modo alla
stessa di partecipare con coscienza unica all’unico grande progetto che
è il piano divino. L’Amore
in quest’ambito non può essere un dono. Non può essere
incondizionatamente uguale per tutti ma proporzionale al bisogno; nel
senso che non si deve dare più di quanto l’altro possa concepire e
supportare. Poiché
si tratta sempre di prendere coscienza (attraverso l’esperienza) di
qualcosa della quale si ha intima necessità, e poiché cessata la fase
egoica (inesistente in Vª dimensione) si può considerare la vita sotto
l’aspetto della datività (perché tale è il ruolo che si assume), ecco
che questo Amore non può essere istintivamente emozionale; deve essere
centellinato in funzione del bisogno del ricevente che, nel caso della
galassia, offre un’infinita gamma di situazioni da potere considerare
con soluzioni connesse. Si
tratta di espandere la conoscenza della quale si è portatori a chi può
fruirne per inquadrare ed impostare il suo genere di vita. Cosa questa che
va fatta non in maniera isolata, bensì come dimensione che si esprime e
che è in grado di dare il necessario ed adeguato supporto a chi si pone
in sintonia con la stessa. Entrare
in Vª dimensione significa anche assumersi degli obblighi commisurati al
ruolo che si va ad esercitare; ed è importante precisare comunque che
tutto procede in maniera lineare perché lo sforzo è comune e concentrato
sulla riuscita di progetti dove i partecipanti hanno caratteristiche
idonee alla formazione ed all’insegnamento nei confronti di chi, loro
tramite, viene messo nella condizione d’agire in proprio per potere
gradualmente raggiungere tale stesso stato di consapevolezza. Ma
poiché la Vª dimensione è capacità per quanto concepito a livello di
dimensione ed è coscienza che si espande verso una conoscenza più
profonda che riguarda la formazione di universi, ecco che la dimensione
stessa è perennemente in ascolto di direttive cosmiche che possono
permettere sempre meglio l’approfondimento di temi al momento
inconcepibili per chi della Vª dimensione inizia solo a farne parte. Importante
comunque è esserci e partecipare perché il cambiamento è sostanziale di
per sé e non bisogna dimenticare che, venendo a fare parte della Vª
dimensione, l’uomo è come se entrasse in un mondo incantato dove tutto
è possibile. Per far sì che sia anche fattibile però (visto che il suo
sforzo non sarà più verso se stesso ed inerente ai valori che prima
concepiva) l’uomo deve rendersi conto che ciò che per lui è possibile
in questa sua nuova condizione, non lo è per chi riceve le sue attenzioni
che deve invece contare su se stesso per realizzare quelle che sono le sue
necessità. Certamente attraverso l’aiuto, questo sì (aiuto sincero ed
incondizionato) ma limitatamente al bene che il ricevente ne dovrà trarre
e che dovrà rispettare i canoni della datività (che non è elargizione
miracolistica). Arrivati
al dunque, a questo dunque, chi è già entrato in Vª dimensione (e non
se ne rende ancora perfettamente conto anche se, ben per questo si sente
sempre più estraneo nella sua dimensione di provenienza) può iniziare a
vedere ciò che in precedenza percepiva soltanto ma ci credeva. Può
iniziare a fare parte attiva di un progetto che vuole la luce come veicolo
d’Amore caricandola della conoscenza necessaria affinché ci sia quella
unificazione che, quando accade, porta in Vª dimensione. Le
due componenti della luce, fisico ed eterico, sono tali quando si
sperimenta nei piani tempo spaziali. In Vª dimensione tale esperimento è
concluso, non è necessario ed ecco che la coscienza diviene consapevole
certezza di un vissuto collettivo che la Vª dimensione ha di fatto
estrinsecato dimostrandolo. Per
vedere occorre saper vedere e non voler vedere; così come per sentire
bisogna solo sapere ascoltare. Si
ascolta con la mente e si vede col cuore; si vede ciò che il cuore
contempla, il vero Amore. |
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