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Studio per l'apprendimento dell'autocoscienza

20 settembre  2003

 

L’assorbimento dell’ego è graduale e progressivo.

La deprogrammazione dell’ego è un fatto di coscienza; coscienza che solo sperimentando il possesso può rendersi conto che non deve trattenere per sé ciò che appartiene ad un insieme che esprime un’unità che bisogna invece concepire.

Il collettivo si sviluppa allorché ci si rende conto di essere un insieme che agisce, e non singola volontà (l’ego) che crede di potere determinare il proprio e l’altrui cammino.

La consapevole certezza d’esistere su base cosmica è prerogativa di chi la sperimenta. Non può esserci altro modo poiché supposizione e fede non sono sufficienti a dimostrare quel che va toccato con mano vivendolo.

La vita può rappresentare un traguardo o una certezza; un traguardo se si spera in qualcosa che deve sopraggiungere per dare la necessaria tranquillità nella vita stessa senza l’ombra che possa cessare; una certezza se nella condizione di potere veramente affermare io non muoio, io sono sempre.

La differenza tra speranza e certezza è ovviamente sostanziale; si può essere certi solo di ciò che si è costatato direttamente. Il che, in questo caso, significa essere vivi oltre la morte fisica, con coscienza e capacità tanto da potere considerare la vita terrena come parentesi che appartiene ad un proprio vissuto non soltanto più ampio, ma di presenza in dimensioni extraterrene a conferma dell’immortalità che si è. Che si è, che si è già. Soltanto che non se ne ha coscienza e per acquisirla bisogna esplorarsi dall’interno, in quella interiorità che attesta e dimostra che si è indissolubilmente collegati a tutto perché tutto fa parte di sé, di se stessi.

Aspetto questo singolare così come delicato, ma essenziale da comprendere, vagliare e vivere se si vuole la certezza; le parole restano tali solo perché non ci si prende la briga di trasformarle in azioni compiute.

Accorgersi dell’oltre è importante, viverlo è essenziale. Perché se si ripone l’oltre al dopo, non si fa altro che alimentare l’oltre stesso e la sua ingombrante non fisicità a discapito della presa di coscienza di essere già anche non fisicità. A discapito della presa di coscienza di essere contemporaneamente al di qua e al di là di una propria barriera energetica che resta tale perché non si osa andare a verificare di persona, in prima persona, come stanno le cose in realtà. A discapito della presa di coscienza d’avere più coscienze di cui non si ha coscienza perché manca la centralità dell’azione unica. Manca il proprio centro spirituale che guida, orienta e dirige i passi di ognuno in modo proporzionale a come ognuno può procedere verso l’autocoscienza, ciò che rende tutti identici perché spiritualmente in grado di esprimersi contemporaneamente in ogni parte di sé.

Autocoscienza è partecipazione coerente ad un progetto che si è deciso di eseguire portandolo a termine, sapendo di possedere giusti mezzi e capacità per poterlo fare.

Autocoscienza è libertà d’espressione senza condizionamenti; senza che i condizionamenti abbiano ad influire per preparare al ruolo che si deve espletare, se

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