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Arriva l'aldilà 25 ottobre 2003
Innanzi
tutto bisogna capire bene che cos’è l’aldilà. A cosa corrisponde e
chi vi si trova. Attualmente
aldilà è una convenzione inesplorata che ha radificato delle
convinzioni. Aldilà
di se stessi ci sono dei mondi paralleli? Aldilà è un sillogismo che sta
ad indicare vita ed esistenza? Perché? La
certezza di essere è, al momento, costituita per l’uomo dalla fisicità
che ne certifica esistenza ed appartenenza ad un contesto in cui gli altri
gli fanno da specchio e sono controprova delle sue convinzioni definibili
certezze di vita. La
certezza nella vita terrena è infatti inconfutabile da parte dell’uomo
poiché rappresenta il suo essere al mondo; la sua esistenza e presenza
sulla Terra. Ma
questo è cogliere la vita da vivi, mentre si è in un contesto del quale
è evidente la presenza e la fenomenologia. Tutto quello che potrebbe
esserci oltre è aldilà. Così come pure è aldilà tutto quello che ha
contribuito a far sì che la Terra sia come è ora e come l’uomo è ora.
Evoluzione
e trasformazione vengono accettati perché esprimono coerenza e danno un
corretto significato a ciò di cui il tempo ha bisogno per incidere le
tracce che attestino il suo cammino; senza che però l’uomo ne abbia
intrinseca e concreta dimostrazione. Perché qualora fosse così, qualora
egli potesse avere la certezza che l’ipotetica evoluzione corrisponde ad
un cammino effettivo che la sua specie ha prodotto, l’uomo dovrebbe
avere anche la capacità di rivisitare (egli per se stesso e non tramite
elaborazioni e supposizioni) questo iter traendolo da un aldilà che al
momento non è nelle sue capacità reperire. L’aldilà
è sia il passato, sia ciò che sta oltre e che riguarda il futuro di chi
non è più di qua. Così come aldilà potrebbe esserci e c’è tutto
quello che non viene concepito; che non si riesce a concepire per mancanza
di conoscenza, riferimenti ed esperienza diretta. Dire
pertanto che chi in Terra trapassa a miglior vita stia nell’aldilà è
solo una supposizione non suffragata da prove concrete perché, qualora
queste dovessero esistere, dovrebbe esistere anche la dimostrazione da
parte di chi è vivo di là o la certificazione da parte di chi, andando
da vivo di là, confermi quanto dato in ipotesi. E,
considerando che chi ha accesso nell’aldilà mentre è in vita può in
fondo certificare tale verità solo a se stesso (perché gli altri per
credergli dovrebbero fare uno sforzo di fede nei suoi confronti),
occorrerebbe che ognuno per sé avesse la capacità di una verifica senza
dubbi, remore o lacune. Il
terreno qui diventa veramente insidioso perché per acquisire delle
certezze si dovrebbe entrare da vivi nel regno dei morti, o che i morti
dimostrassero la loro esistenza divenendo visibili ai sensi comuni e non
soltanto alla sensibile percezione di qualcuno. O che, qualora esistessero
effettivamente dei mondi paralleli che non riguardano l’aldilà dei
defunti, divenisse esplicita una presenza di forme di vita che, pur non
facendo parte della Terra, mostrassero un modo diverso di vivere rispetto
a quella che per l’uomo convenzionalmente è la vita. Un
aldilà che si apre all’esplorazione è un aldilà che viene incontro
alla razionalità umana per offrire la possibilità di accertare
l’esistenza su basi diverse rispetto a quelle che l’uomo concepisce in
Terra; e che potrebbero anche essere acquisite ed inglobate se
migliorative del genere per tecnologia, conoscenza e forme di vita stessa.
Perché non è detto che la fisicità, l’attuale fisicità, debba
necessariamente essere il meglio che l’evoluzione planetaria ha
prodotto; e meno ancora se ci si dovesse riferire alla galassia o
addirittura all’universo. Così come non è detto che, migliorandosi
l’uomo come condizione perché altre forme di vita più evolute glielo
consentono, egli non si trovi nella condizione di vivere interagendo
proprio con tutto quello che attualmente denota e costituisce l’aldilà,
il suo aldilà. In
quest’epoca di trasformazione e cambiamenti, le trasformazioni ed i
cambiamenti sono possibili solo se non ci si barrica dietro certezze che,
proprio perché tali, non lasciano vedere il nuovo che viene incontro;
quel nuovo che ha solo bisogno di essere visto con occhi diversi, gli
occhi di chi si rende conto che aprirsi all’universo non è perdere la
propria identità di uomo, ma acquisire quella di uomo vivo nel cosmo;
uomo nuovo che interagisce coi mondi, con quell’aldilà che oggi sta
pesantemente cercando di far notare la sua presenza che è invisibile, è
vero, ma non per questo priva di quella potenza necessaria atta alla
trasformazione.
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