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Animo aperto 25 febbraio 2003
Se l’uomo cerca, con sincerità ed animo aperto, di conoscere chi è, da dove viene e cosa deve fare, sarà l’anima stessa a manifestarglisi e ad iniziarlo sul cammino della Resurrezione. Ogni
coscienza deve saper trovare lo spunto per interrogarsi in profondità e
capire il suo essere limitato che, mortale, non può che sperare che dopo
ed oltre il suo stato esista qualcosa che le permetta di non perire, di
non cessare di esistere. Quest’istinto
alla sopravvivenza cerca, nella coscienza più matura, una spiegazione in
linea con il suo concepire. La coscienza stessa quindi formula ipotesi che
vorrebbe enunciare come teoremi per cercare di spiegarsi l’oltre e
crederci. Ma
non basta, non può essere sufficiente perché si forma sì un anelito
superiore nei confronti della conoscenza, ma basato sul sentito dire o
sulla fede. Fede che, quand’è genuina, deve diventare propulsione verso
l’interiorità e non cieco abbandono nei confronti più che altro di
un’idea o di un’intima sensazione che ha permesso e determinato
l’apertura. L’oltre
rappresenta una calamita che attrae e, quando sembra che così non sia,
quando ci si allontana da questo genere d’aspirazioni, sta semplicemente
agendo un altro magnete, quello della terrenità che fa un suo punto di
forza nella constatazione che realtà è soltanto ciò che si tocca e si
vede. La
coscienza deve dibattersi tra questi due poli, entrambi potenti, che
rappresentano per alcuni versi la scala biologica di crescita e sviluppo a
livello fisico (anche se mai separato completamente dall’influenza e da
ciò che rappresenta l’altro polo), e per altri (versi) l’apertura
verso tutto ciò che è l’esatto contrario della terrenità (o se si
preferisce della materia intesa non in senso energetico ma come forma
materiale qualunque essa sia, uomo compreso). Questo
magnetismo comunque (e quindi l’attrazione repulsione che i poli
esercitano nei confronti della coscienza) non avviene sullo stesso piano
perché abbraccia piani di manifestazione diversi; uno fisico materiale e
l’altro eterico sottile (materiale e sottile per definire solamente due
gradi diversi della stessa energia con coscienza relativa). Non
si può stabilire un esatto rapporto con questi piani se prima non si
regredisce fino a diventare neutri, e cioè se prima non ci si autopulisce
di tutte quelle scorie che fanno protendere per una parte o per l’altra. L’abbandono
della fisicità proietta direttamente nel piano eterico per concepirlo
come stato d’essere e qui l’attrazione è di natura diversa, anche
perché deve giustamente tenere conto della condizione che, non essendo più
fisica, può spaziare (in quanto coscienza) più liberamente. O non farlo
per niente se l’attrazione verso il polo fisico è tale da non
permettere divagazioni atte al suo ampliamento (sempre in quanto
coscienza). La
coscienza comunque affronta proprio in questo stato la sua verifica
comportamentale perché, infatti, si lacera; deve sapersi districare tra
le sue aspirazioni per comprendere cosa le conviene attuare attraverso la
sua volontà. La
volontà sul piano eterico corrisponde all’ipso facto perché
immediatamente “si concretizza” ciò che il desiderio vuole
realizzare. In effetti viene data immediatezza all’esecuzione del
pensiero che, in questo piano, non necessita del tempo per adempiere
manifestazioni di carattere energetico sottile. Non per nulla la fisicità
è esentata dal presenziare poiché d’ impedimento, vista la sua attuale
poca duttilità nei confronti di trasformazioni immediate. Distinguere
bene dove ci si sposta, dove la coscienza si sposta è presupposto per
concepire lo stato neutro, quello che permette di presenziare
consapevolmente sia alla manifestazione fisica sia a quella eterica; tanto
da riuscire a formare uno stato medio che, comprendendole entrambe,
determina un piano di sviluppo in capacità per agevolmente spaziare nelle
vastità che solo l’anima (che a questo punto s’intravede veramente)
sa affrontare. Procedere
per gradi, non confondendo temi e passaggi, apre di fatto l’oltre alla
conoscenza dettagliata, e non al fenomeno isolato che ingabbia perché
irretisce la coscienza in uno sprazzo di luce definito poi verità. Essere
convinti che l’interiorità guidi, deve far da sprone senza dover
credere di aver trovato la bacchetta magica che risolve ed assolve il
cammino. Il
cammino va fatto, ma con consapevolezza conoscendo gli aiuti ed i limiti
degli stessi che non possono esentare dall’affrontare la propria
personalità per risorgere veramente rinnovati e trasformati. Toccare
con mano è il solo modo che consente di sviluppare la propria natura
sottile nel piano fisico perché, quando non è così e ci si rivolge alla
trascendenza per adempiere ad una naturale necessità, si orbita
alternativamente attorno ai poli d’attrazione che, sviluppando vita,
espongono dei piani d’apprendimento per l’approfondimento della
sintesi. L’uomo
è sintesi composita di più fattori, ma in modo univoco egli è coscienza
del suo stato. Non si può differenziare il suo essere riducendolo a pura
fisicità, perché in questo modo viene meno il supporto energetico che in
lui bilancia la forma e veicola l’essenza. L’essenza
dell’uomo è la sua mano invisibile, quella che gli consente di
costruire una realtà su misura in cui l’insieme uomo deve operare per
rendersi conto, e poi essere, ciò che in definitiva lo determina come
consistenza fisica, eterica ed animica. Lo
sviluppo avviene in maniera funzionale alle esigenze della coscienza, o
forse è meglio dire che l’uomo è ciò che la sua coscienza riesce a
determinare. Indubbiamente
si sta parlando del piano fisico, quello attinente al corpo di carne che
l’uomo conosce e sperimenta. Perché anche il fruire di un corpo fisico
è sperimentazione che la coscienza fa su un determinato modo di essere. Il
distacco avviene quando la coscienza, comprendendo il suo stato, vede il
corpo come il suo veicolo terreno per potere affrontare in modo adeguato
tale realtà. Ma lo può fare ignorando il corpo e quindi usandolo
semplicemente oppure istruendolo, istruendo questa parte di sé su come
ascendere ad un grado di consapevolezza che gli dia la capacità che la
coscienza stessa va a determinare. La coscienza, che veicola il corpo ad un suo più elevato scopo dell’esistenza, sta così facendo giusta esperienza ad essere coscienza appropriata per quel tipo di funzione necessaria alla crescita ed allo sviluppo di una fusione vera e reale tra anima e coscienza. Tra uomo ed anima se la coscienza comprende veramente che il suo ruolo, unitamente al suo essere, è quello di annullarsi nell’anima; fondendovisi per essere un uomo rinato in Terra. |
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