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Al di là e al di qua della barriera

1 gennaio  2004

 

Essere contemporaneamente presente in due realtà parallele avendone cosciente consapevolezza e totale capacità è il traguardo verso cui l’essere umano è proiettato.

Coscienza e capacità sono attributi della consapevolezza, di ciò che si è maturato nel proprio essere.

Sono l’evidenza di ciò che si è.

Parlare di invisibile (e non volersi capacitare che è tale solo perché non lo si affronta con coraggio e determinazione “osando” in prima persona senza demandare ad altri questa responsabilità) è accorgersi che c’è un universo da esplorare ma ci si guarda bene dal farlo per paura di affrontarne la realtà. Perché in fondo fa comodo restare ancorati ad un mondo in cui l’unica certezza è quella fisica che però decade, tramonta e scompare.

La costante ricerca del proprio vero essere, non pone al riparo dall’incertezza di ciò che si è e di cosa rimane dopo la morte fisica. Resta uno strumento di crescita, di aspirazione, ma non è la realizzazione di ciò che si deve essere in quanto presenza che agisce nell’universo ed oltre.

Tra essere e credere di essere c’è… una barriera.

Si è uomini credendo di essere anche qualcos’altro e non si vive né da uomini né da qualcos’altro.

Non si è centrati perché non si sa bene cosa si è. Non c’è la consapevolezza nel proprio vero essere.

Manca la capacità ad essere quel che si presuppone di essere. Condizione questa che non può perdurare e che anzi bisogna appianare.

Non basta crearsi delle aspettative e poi restare nella speranza che si realizzino in modo automatico. Occorre invece operare per far sì che una nuova era diventi attiva e produttiva di interscambi e relazioni con chi, dall’altra parte della barriera, è oltre il cosiddetto mondo dei morti ed oltre la fascia energetica che in fondo separa l’uomo da se stesso.

Per appurare questo è necessario:

  • Considerare la vita sotto il profilo energetico.

  • Capire che l’energia non vista nasconde una realtà.

  • Cogliere che la realtà invisibile è tale e resta tale perché non si ha il coraggio di affacciarsi nel mondo extraterrestre per paura di non far più ritorno nel mondo dove l’unica certezza è la morte, la morte fisica.

Al ché bisogna anche capire come fare per proporsi verso una realtà che giustappunto è da edificare. Perché l’uomo ha il compito, merito ed onere, di congiungere la realtà fisica e terrena con quella “energetica spaziale” attraverso la sua sensibilità e l’impegno a definire accordi innovativi per il genere e le specie.

Si tratta ora di intervenire direttamente nella realizzazione del progetto uomo nuovo; uomo capace di prendere per essere. Uomo capace di prendere dallo spazio interstellare ciò che gli necessita per raggiungere obbiettivi particolari atti a consolidare la vita nella galassia con prospettive e mire che vanno ben oltre la semplice conoscenza umana e l’applicazione della scienza fin qui maturata.

Scienza e coscienza possono condividere un nuovo cammino fatto a hoc per comprendere la vita cosmica e cosa voglia dire luce quando la realtà si apre ed appare una dimensione “base” per il passaggio ascensionale che può (anche ed anzi è meglio) essere inquadrato come viaggio spaziale che attraversa universi per esplorarli, arricchirli ed arricchirsi attraverso interscambi dove la reciprocità assume valore di fratellanza, comunione e fusione quando il momento cosmico lo consente. O lo impone.

La necessità dipende dall’adeguamento a particolari condizioni che vengono a svilupparsi per consentire ed attuare una crescita a livello generale e proporzionata alle esigenze dei singoli; dove il singolo è addirittura un ammasso stellare.

La vita a livello cosmico è strutturata sugli insieme. Sulla Terra è invece struttura che deve far concepire l’insieme come necessità che supera l’individuale ed il soggettivo ed offre l’unica possibilità di vita comune: la vita comune. Dove i valori si basano sul bene collettivo; sulla condivisione equa e saggia dell’unico bene: l’Amore che a tutto pensa e tutto risolve.

Però dovendo concepire come ciò avviene e cosa significa.

Amore oltre l’emotività irrazionale o ragionata, oltre le lusinghe dell’amor proprio che non è nemmeno parvenza riflessa dell’Amore universale che genera il mondo dandogli consistenza e stabilità; dandogli ciò che necessita per essere nel relativo e in eterno.

La Vª dimensione è una “base spaziale” di transito e serve all’anima per proiettarsi nell’iperspazio dopo l’opportuno inserimento in campi altamente specializzati dove l’insieme, in questo caso, rappresenta la sincronicità combinata in più azioni; dove l’intenzione, a livello superiore, deve essere consolidata per la manifestazione del progetto divino che si dipana attraverso la conoscenza e l’esercizio all’Amore con saggezza.

L’esercizio dell’Amore, attraverso la saggezza, è il valore da attuare in Vª dimensione. Indubbiamente dopo, e solo dopo, aver realizzato in Terra la Pace nel cuore; porta che, aperta, collega il cielo interiore con l’iperspazio celeste.

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