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Affetto cosmico 8 ottobre 2003
La
centratura col proprio sé corrisponde ad un viaggio da farsi alla ricerca
di chi si è. Un viaggio che attraverso la coscienza porta a scoprirsi,
conoscersi ed amare tutto ciò di cui si è composti che corrisponde ad
una struttura sottile che lega l’uomo alla Terra; proprio come la Terra
è indissolubilmente legata a tutto ciò che la compone come ed in quanto
entità che, attraverso un sistema, viaggia nello spazio cosmico. Conoscere
se stessi comporta entrare nella struttura sottile del chi si è, e come
questo sia base per comprendere ed apprezzare verso dove si va. L’uomo
sta andando esattamente dove la Terra lo sta conducendo tramite la sua
appartenenza ad una galassia viva, che ha generato Sole e sistema solare.
Sistema a sostegno della Terra e, nella sua parte più sottile, a sostegno
dell’uomo per ciò che l’uomo è a livello di coscienza eterica e
molecolare. Entrando
nel dettaglio significa che l’uomo si conosce e riconosce nella sua sola
struttura fisica alla cui base però c’è tutto quell’insieme che gli
sfugge ma che fa sì che, nascendo, egli sia già un essere completo che
trova sostegno e sostentamento dalla Terra; e dallo spazio opportunamente
filtrato per lui dalla Terra e dal sistema solare coordinato dal Sole ed
alimentato dalla galassia. Rilevare
che la galassia è viva è un fatto di notevolissima importanza e,
comprendere come questa influisca sull’uomo e sulla Terra in generale,
non lo è da meno. L’affetto
di cui gode la Terra su base cosmica è del tutto naturale. Questo stesso
affetto l’uomo se lo deve conquistare. Aprendosi a quelle energie che
non concepisce poiché centrato nella sua sola fisicità che reputa
indispensabile e verso la quale nutre aspettative. Concepire
è una funzione della coscienza che, se non opportunamente preparata, non
può concepire quel che ignora; né può tanto meno presenziare a quegli
aspetti della vita che le appartengono ma dei quali non ha ricordo perché
ormai attorcigliati su se stessi ed inglobati nella spirale energetica che
li sviluppa in modo codificato e basta. Il
codice della vita, della vita fisica e non, non appartiene all’uomo
perché la sua coscienza lo ha dimenticato presa com’è ad affrontare
quel che reputa indispensabile per la sua sopravvivenza; anche se in fondo
sempre su base fisica. Accorgersi
che esistono dei codici è del tutto naturale quando s’indaga sulla vera
natura del proprio essere; cercare di spiegarseli impone una
predisposizione a volere approfondire temi che facilmente si scontrano con
ciò che, ormai radificato, è alla base di ogni possibile sopravvivenza
ultraterrena. E
qua si va in un territorio minato perché sembra di intaccare quel sacro
che l’uomo giudica tale solo perché non vuol considerare che,
dimostrandoselo, resta sacro lo stesso. Perché la vita è sacra, anche se
vita non è forma fisica e basta. Disporre
di mezzi per opportunamente crescere e proiettarsi verso quell’infinito
che a prima vista sembra insormontabile, dipende da quanto ci si apre come
coscienza e dai traguardi che s’intendono realizzare perché sembrano
conseguibili. Dare
per scontato che esiste solo un certo tipo di realtà, quella che si
concepisce, limita a non potere apprendere proprio quello che sta oltre
che deve essere acquisito, centellinato, attraverso uno sforzo comune. Se
invece però ci si pone, attenti, all’ascolto di ciò che proviene da
parti remote della galassia, poco importa se si crede di essere
interconnessi con la propria interiorità, ciò che conta è ricevere,
sentire; perché, in effetti, è attraverso un senso interiore e nascosto
che ci si collega; e che fa apparire anche all’interno quel che
è anche all’esterno.
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