Il mondo cambia 6 novembre 2005
Si muore perché si sa di dover morire. Purtroppo è così. O per fortuna. Proprio perché immortalità rappresenta una conquista, ecco che è necessario doverne prendere coscienza per acquisirne capacità. Il mondo cambia e cambia la realtà perché realtà è il mondo che si concepisce. Ciò che si concepisce diventa realtà, è questione di tempo. Oggi realtà e tempo assumono connotati diversi. Il tempo non ha più bisogno di dilatarsi perché la realtà può, concependolo, comprenderlo nella sua nuova fisicità. Concepire, termine magico. Se accolto nella sua vera essenza permette di creare ciò che, se non concepito, resterebbe informale; privo di attributi e senza capacità. Concepire di essere vivi non deve significare esserlo soltanto, questo è subire. Subire lo stato e subirne gli eventi. Concepire di essere vivi è essere vivi nella realtà che lo consente; realtà creata proprio da chi concepisce la vita e l’esistenza. Concepire di essere uomini permette di esserlo, ma qui si ferma. Tutto il resto è un oltre. Oltre di sé e della realtà così concepita. La natura umana è una componente della vita, non è la vita stessa; né la vita in assoluto. È ciò che consente di essere presenti in un contesto che ospitando accetta ed impone: accetta chi vi arriva e lo asserve alla sua condizione. Quando questa condizione diventa la ragione della vita ecco che allora è sfuggito il senso della vita stessa che è esistenza, quindi immortalità. Perché esistere per estinguersi non è presupposto di vita bensì sinonimo di morte. E così è quando si pensa e quindi si concepisce la morte come alternativa alla vita, specchio di una dualità che pone gli estremi in eterna concorrenza per evitare che una visione di insieme dimostri ed affermi che vita è qualcosa d’altro; che vita è esistenza sempre e comunque. Allora bisogna considerare come le limitazioni possono creare conseguenze indelebili, facendo perdere capacità perché impongono e consentono capacità diverse; addirittura nocive ed autolimitanti l’esistenza interpretando la vita in maniera duale. Ci si limita da soli perché così si concepisce. Ci si suicida non sapendo di farlo e si concorre ad una realtà che come fondamento ha la morte e non la vita; solo perché si crede necessario dover morire. Morte necessaria per rinascere sarebbe ancora un’alternativa, ma necessaria in virtù di una speranza che possa consentire di essere ancora è soltanto, è incompletezza di una realtà che mostra solo una parte del suo volto: ora la notte, ora il giorno. E quando la notte regna il giorno tace, e viceversa. Riassorbire la dualità è un compito ed un impegno. Comporta stimoli ed impone difficoltà; ma per concepire. Per concepire la vita nella sua immediatezza che nulla concede all’imprevisto. Realtà è oggi e l’oggi impone che gli eventi non debbano susseguirsi ma essere colti nella loro interezza che è unità: molteplicità apparente di qualcosa che vivo vibra in maniera universale perché questa è la vita. C’è chi vive e c’è chi muore, ma chi muore lo fa perché non sa che deve ancora e sempre vivere; e così per accertarlo inizia il viaggio che l’esistenza impone quando ad ogni fermata ci si deve rendere in fondo solo conto di essere sempre ed ancora vivi; sempre e comunque. Vivi per l’eternità perché eternità è sinonimo di incomprensione: soglia non varcata da chi non comprende che la vita è sempre; sempre, comunque ed ora. Ora ed eternità sono l’altra faccia dell’irrisolto che è la vita intera. Perché se vita fosse capacità, l’eternità non avrebbe motivo di essere: infatti si sarebbe concepito l’ora. L’ora che è l’attimo immortale che contiene l’interezza della vita in chi sa che non è più necessario dover morire per continuare a vivere. Infatti basta solo vivere, ora e sempre.pre. |
www.ottavaora.it |