Domande 17 novembre 2005
Accorgersi di esistere implica delle domande, domande sul chi si è; fondamento queste per qualunque tipo di ricerca spirituale. Solo così, dopo, ci si può anche affidare all’onnipotenza della perfezione implicita nell’essere e nella natura. Prima occorre aver maturato giusta coscienza su chi si è. La condizione umana ha un suo motivo di essere e quando è basata sulla Terra il motivo predominante è la fisicità. Interrogandosi però è facile convenire che non si è solo carne e questo scompone l’uomo in una doppia realtà; una fisica, l’altra eterica. Considerazione comunque che ha dei logici sviluppi perché come minimo bisogna chiedersi dove risiede la parte eterica, quella che si conviene essere ciò che anima la fisicità stessa. Questa è anche una considerazione d’obbligo perché se così non fosse, se la fisicità non avesse necessità di animazione, allora sarebbe sufficiente a se stessa e crollerebbe tutto il costrutto sull’aldilà e sull’oltre. Ma, interrogarsi e convenire che esiste nell’uomo questa doppia condizione, non può concludersi nella semplice accettazione che così è e basta. Ciò infatti alimenta la separazione che già esiste tra uomo fisico e l’essere energetico che egli stesso è in una condizione-dimensione diversa e più sottile rispetto a quella fisica. Alimenta a tal punto la separazione da diventare necessaria una distinzione tra le coscienze dell’uomo; quante sono e a chi appartengono, se è evidente che l’uomo (fisico) non è in grado di presenziare al suo essere completo fatto non di sola carne. Questo tipo di domanda è conseguenza dell’uomo che ricerca il suo giusto collocamento (in ciò che per se stesso è semplicemente perfetto poiché per suo conto genera e sviluppa processi naturali oltre la portata dell’intervento umano ed in grado di equilibrare forze evitando che tutto collassi su se stesso). La coscienza dell’uomo, affrontando il tema dell’esistenza, è costretta a dover ricorrere alla trascendenza per potere percepire (ed in qualche modo spiegarsi) ciò che non è misurabile, né accessibile, attraverso la sola fisicità. I sensi fisici infatti operano in funzione della loro natura che li rende abili nell’esercizio di funzioni inerenti il sostentamento e la permanenza fisica nel luogo. Per tutto il resto l’uomo ricorre già alla trascendenza rispetto alla fisicità. Ne ha bisogno quando si esprime attraverso l’arte e o la creazione di qualunque cosa, quando si rivolge a filosofia ed etica per spiegarsi morale e divinità. Quando, in ogni occasione anche naturale nel corso di una semplice giornata, cerca di pervenire oltre la sua sola fisicità ipotizzando condizioni e situazioni da affrontare prima di verificare l’esatta consistenza della realtà che gli si propone come esperienza da affrontare e cogliere. Per questo (ammesso che ci si voglia interrogare sulla trascendenza) può essere utile sapere riconoscere in se stessi se i limiti che separano la coscienza fisica (quella dell’uomo di carne) dall’uomo che anima la sua stessa fisicità sono superabili o meno. Per capire se è possibile comunicare con se stessi, con quella parte di sé quindi che risiede in una struttura-dimensione più sottile del proprio stesso essere così da percepire (riscontrandolo) che la realtà può ben essere più vasta di quella che si coglie attraverso gli organi della fisicità. Un po’ come svelare l’invisibile; vestirlo di consistenza solo perché lo si approccia nel modo giusto, e cioè attraverso la condizione che si viene a generare quando l’uomo, volendo prendere atto che può andare oltre la sua semplice fisicità, inizia man mano ad interagire col proprio essere uomo in un piano-livello più sottile (ma sempre contemporaneo e presente nella stessa fisicità). Constatando tutto questo, senza dover ricorrere alla trascendenza per spiegarsi ciò che sfugge; con l’aggravante di lasciarlo proprio in quella dimensione dove l’uomo (energetico e con una sua coscienza) risiede e staziona in attesa che avvenga il ricongiungimento. Attraverso la ricerca, la ricerca di sé; di chi si è. |
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