Pretesa 6 giugno 2005 La pretesa di essere il centro della vita perché si pensa che la divinità abbia voluto privilegiare l’uomo non rende merito al divino e fa dell’uomo un essere arrogante che sulla sua presunta supremazia legittima una scala di valori che solo lui può percorrere per avvicinarsi sempre più al suo divino creatore. La necessità poi di trovare qualcuno da emulare perché non in grado di sopperire ad ogni bisogno (e quindi e ben per questo ecco lo scopo della divinità), fa d’altronde dello uomo un essere subalterno non in grado di gestire in maniera autonoma la sua vita. Cosa che scaturisce dal senso innato di rassegnazione che l’uomo ha nei confronti della morte. Vita elargita che così come arriva così poi va. Il senso della vita dipende dalle certezze che si hanno (anche di tipo inconscio perché trasmesse geneticamente). Alimentare certezze è come nutrirsi di un cibo che costruisce (dentro di sé) una rete energetica a difesa della sua integrità in modo da far sì che vi si ricorra per vivere; al punto da sembrare qualcosa di essenziale. Struttura energetica che, creata, reagisce per continuare ad esistere; paura della morte che da stimoli continui per trovare il nutrimento necessario per tenersi in vita. Struttura che non sa, non sa ancora, che può continuare a vivere anche perdendo il nutrimento di cui pensa di avere disperato bisogno. Struttura che non è informata che la sua origine non dipende dal cibo ma dal suo essere che pensa che così sia. E pensa così perché segue una traccia, il suo senso della vita. Senso della vita che per manifestarsi segue itinerari ben precisi, fino a costituire individualità che agendo dimostrano come sia importante essere in sintonia con il proprio piano di coscienza al fine di stabilire un collegamento profondo con il senso della vita che tale piano intende sperimentare ed esprimere. La natura umana tende verso la consapevolezza attraverso un processo di apprendimento di funzioni e virtù che, se legate al solo ambito fisico sortiscono effetti relativi alla sopravvivenza, se legati al piano eterico sviluppano una coscienza funzionale a ciò che tale piano deve esprimere conquistandola (l’immortalità), se connesse al piano animico danno immediata percezione di un universo non più dinamico ma vivo e pulsante in grado di produrre tutto ciò che, legato alla volontà superiore, necessita ad ogni insieme per vivere e percepire. La concezione di ciò (e quindi la capacità che consegue attraverso l’animico) è cammino di conoscenza basato sulla individualità che, espandendosi, prende sempre più consapevolezza di essere un insieme che può compenetrare tutto se tale è la condizione maturata. Tutto ciò che fa parte dell’umana capacità è dinamismo in fase di crescente sviluppo, ma è anche espressione in linea coi dettami e gli indirizzi che collegano i vari piani di esistenza rendendoli omogenei nella loro espressione senza che però siano separati o inconoscibili tra di loro. Proprio come l’uomo partecipa alla vita sulla Terra e lo fa tramite le dimensioni che lo compenetrano, così la Terra vive le dimensioni che le danno un corpo fisico, una coscienza ed un’anima. Per espandersi e concepire che spazio non è solo aria che si respira, e nemmeno distanza che separa, ma unione. Basta solo sapervisi adeguare.
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