Gloria 25 marzo 2008 La vita è una manifestazione di gloria, qualunque essa sia, perché ogni vita ha uno scopo. Mai è inutile. Gloria è un attributo di magnificenza in cui qualunque cosa da il meglio di sé. Nascita è glorificare un processo che consente che avvenga. Rinascita è glorificare l'essere immortale che è vivo in ogni cosa permettendogli di emergere, di venire alla luce nella realtà in cui questo non è ancora chiaro. La vita in se dispone di meccanismi non evidenti a livello fisico perché connaturali ad un campo energetico che non fa parte della normale percezione; anche se permette che avvenga proprio la manifestazione fisica in quanto le da sostegno e stabilità. Stupirsi di come la vita si esprime sul piano fisico dovrebbe essere la logica conseguenza del non sapere come possa avvenire qualcosa che in fondo (oltre alle apparenze ed alle spiegazioni strutturali che ne codificano l'esistenza) ha bisogno di animazione per potersi esprimere. Proprio di quell'energia che sfugge perché insita in un campo energetico fuori dalla portata percettivo coscienziale e che di fatto può ben essere definita dimensione più sottile (energeticamente differente per vibrazione) rispetto a quella dove la fisicità dimostra d'avere coscienza. La coscienza umana non opera ancora su tali vibrazioni, e pertanto non ha percezione di ciò che esprimono. Anche perché non ne è a conoscenza. Il campo delle ipotesi è ampio e variegato ma resta tale se la sperimentazione non approda a risultati concreti. Evincere che l'energia sottile esiste perché altrimenti mancherebbe qualcosa per far quadrare dei conti in cui l'incognita può essere proprio questa energia (o anche altro) non è dimostrazione che da consapevolezza alla coscienza. Caso mai apre un campo di possibile indagine che da interrogazione può diventare un vero e proprio richiamo nei confronti di tale energia. Inizia ad esserci un rapporto diretto tra chi indagando inizia a concepirla e l'energia stessa che (tramite l'interesse che si viene a sviluppare nei suoi confronti in maniera cosciente) viene attratta proprio dal richiamo diventando energizzante nei confronti di chi opera in tal senso. Come dire che tra chi indaga e l'oggetto dell'indagine si crea un rapporto di reciprocità spontanea che può limitarsi ai due aspetti separati (chi indaga e l'oggetto indagato) o andare a far parte di una coscienza unificata che diventa tale (unificata) proprio attraverso la reciproca presa di coscienza. Avere coscienza di qualcosa è un fatto spontaneo per la coscienza. Basta che viva un'esperienza e questa va a fare parte del vissuto della coscienza stessa; diventa patrimonio del suo essere. Entrare nel merito di questa energia sottile iniziando ad avere rapporti diretti con la stessa, nel senso di riuscire ad approcciarla in maniera “tangibile” (cosa che può avvenire attraverso la vista o una vera e propria penetrazione a livello fisico in un mondo dove la fisicità è un miraggio), rende la coscienza edotta di possibilità che in precedenza tutt'al più potevano rappresentare semplici ipotesi sulla sua esistenza. Ma questo sarebbe un dato di fatto, il che implica che per essere tale (quindi un dato concreto) debba avvenire la presa di contatto con tale energia con conseguente presa di coscienza. Come dire che solo approcciandola in modo energeticamente diverso rispetto a quello fisico è possibile renderla evidente a se stessi, al punto di potere andare a farvi parte. Un vera e propria rinascita in un ambiente nuovo pur restando vivi nel proprio. Una manifestazione di gloria che partendo dal concepito rende concepibile ciò che in precedenza non esisteva solo perché oltre la propria portata e capacità. Essere capaci dipende da tanti fattori, ma in primo luogo dalla constatazione che si è incapaci nei confronti di qualcosa. Per esempio si è incapaci nei confronti della vita che per essere tale ha bisogno di supporti da cui partire per eventualmente manipolando potere esprimere ciò che l'evidenza permette di concepire. Ma questa è capacità limitata all'azione che si conduce e non implica avere capacità nei confronti della vita in funzione di ciò che energeticamente deve rappresentare; anche e soprattutto in funzione di intrecci energetici che trovano coerente consistenza proprio nel campo energetico che ancora sfugge alla coscienza. Si può creare un giocattolo ma non dargli coscienza adeguata in base al riferimento da cui si è partiti e che ha coscienza propria. La coscienza di ciò che si è costruito ha in sé i valori del giocattolo e non quelli del suo costruttore. Pensare di inculcare coscienza a qualcosa non è così semplice: occorre che la tal cosa sia in grado innanzitutto di recepire. Cosa questa che implicitamente pone l'accento tra l'energia che esiste ed il non saperla incanalare in se in quanto inconcepita. Come dire che si ha a disposizione la matrice che energizza il giocattolo e non sapendolo non la si contatta prima per generare qualcosa che poi non sia un semplice giocattolo. |
||
www.ottavaora.it
|