Lasciarsi dietro i
ricordi di una vita
non vuol dire
rinunciare ai propri
affetti. Né tanto
meno rinnegare un
cammino fatto di
esperienze che
aiutano la coscienza
ad evolvere. Ad
evolvere ed
espandersi dove
prima non aveva
accesso. Dove può
arricchirsi di quel
che necessita per
assumere ruoli
sempre più in linea
con l’Intelligenza
che regola
l’evoluzione
nell’universo
attraverso la sua
consapevolezza.
Il contatto con tale
Intelligenza non può
essere immediato ed
anzi necessita di
filtri senza i quali
non è possibile
definire alcunché.
Questi filtri, veri
e propri operatori
attivi nel
trascendente, fanno
sì che l’evoluzione
segua ritmi tendenti
a produrre libertà
relativa al proprio
stato nell’ambiente.
Lo stato in cui si è
deve maturare giuste
condizioni per,
libero, poter
ascendere ad un
livello superiore
così da inserirsi in
meccanismi diversi
di crescita sempre
più tendenti verso
l’unità.
Il riequilibrio
periodico cui tutto
deve sottostare è
necessario per
proteggere e
tutelare sia chi ha
potuto cambiare
stato, sia chi in
quel suo stato deve
rimanere per non
subire sbalzi
traumatici che
intaccherebbero la
coscienza
distruggendo quella
che è la sua qualità
essenziale,
l’applicazione;
quella sottile
capacità di
magnetizzazione
attraverso cui
avviene il richiamo
per necessità.
La taratura della
coscienza deve
modificarsi entro
certi limiti
prestabiliti che se
fuori controllo
danneggiano lo
strumento.
Lo strumento umano
che raccoglie e
calibra la sintesi
di un cammino è
incentrato nel
plesso solare, sede
dell’anima e porta
di comunicazione con
gli altri mondi.
L’intelligenza
umana, relativa alla
Terra e ad
un’evoluzione
possibile a
determinate
condizioni, fa
percepire dentro di
sé la capacità
dell’apprendimento
ma vanifica lo scopo
quando decide di
voler agire
attraverso i mezzi
di cui è in
possesso.
Ma questo è normale
poiché la tendenza
verso la libertà
implica un’azione da
condurre; azione che
può essere
esplicitata
attraverso
conoscenza e
sensibilità. La
conoscenza è ovvia
poiché relativa al
conosciuto, la
sensibilità invece è
opportunamente
celata per evitare
che l’impeto che
consegue al richiamo
sfalsi il
macchinario uomo che
deve prendere
coscienza di essere
della stessa
sostanza di ciò che
lo indirizza verso
scelte e traguardi
da conseguire; e che
la differenza sta
solo nella
differente
ubicazione degli
attributi. Quelli
del piano più
sottile sono sempre
meno evidenti e
meglio strutturati
poiché più
sofisticati.
Volendo ben vedere
tutto circola
attorno ad un unico
concetto: io sono.
Io sono ciò che so
di essere e più è
relativa la mia
conoscenza
sull’essenza che io
sono, meno avrò
capacità che mi
permettono di essere
ciò che è la vera
essenza dell’io
sono.
La prima è più
importante dualità
che l’uomo deve
equilibrare è il
magnetismo
interiore. Nel senso
che, essendo egli
sensibile a richiamo
ed attrazione, deve
avere coerenza nel
farlo.
Il richiamo avviene
attraverso la
richiesta che l’uomo
fa nei confronti di
qualcosa e questo si
svolge in funzione
di quanto la sua
coscienza concepisce
ed esprime;
l’attrazione è ciò
verso cui egli è
sensibile a livello
di unificazione
quando non si è
ancora reso conto di
non essere una
semplice parte del
tutto.
Questo magnetismo si
esprime sia in modo
relativo sia in modo
essenziale. Nel
relativo può essere
evidenziato come
causa effetto con
sbavature da
equilibrare,
nell’essenza come
unione; tendenza
all’unione.
In pratica se si
avesse la
possibilità di
inserire una
coscienza umana ad
una pianta, la
stessa patirebbe
enormi sofferenze
perché nella
incapacità di
potersi esprimere in
modo adeguato al suo
concepire: il suo
stato d’essere non
sarebbe in linea con
la facoltà di
interagire con
l’ambiente. Il che
verrebbe vissuto
dalla stessa
coscienza come
castigo da scontare
visto che non è
stata sua la libera
scelta di essere
pianta (con
coscienza umana).
Causa ed effetto
devono avere una
loro logica. Quando
troppo sbilanciati
l’esito è
compromesso.
L’esito della
trasformazione in
corso, di
adattamento
all’ambiente da
parte di una
coscienza evoluta in
altro stato ma
idonea ad affrontare
la vita sulla Terra,
implica una fusione
con la coscienza
umana; nel senso che
quest’ultima si
amplia ricevendo in
sé quello che può
supportare.
Nella fusione la
coscienza evoluta
cede perché tale è
la sua volontà,
l’altra riceve
perché questo è il
suo bisogno (in
funzione del cammino
svolto).
Chi cede lo fa
perché implicito
alla sua natura
dativa; dona se
stessa perché questo
è il suo ruolo.
Nella trasformazione
qualcosa ovviamente
cambia ed
essenzialmente
l’assetto egoico di
possesso che l’uomo
deve rilasciare
perché elemento
inconciliabile nella
fusione.
Si tratta in effetti
di ridefinire (da
parte dell’uomo) i
parametri entro i
quali intende
operare quando è
nella facoltà di
poterlo fare; quando
uomo in Terra può
decidere o meno se
rinascere a nuova
vita con una
coscienza in linea
ai principi per i
quali è possibile
proprio questo. |