Guardarsi dentro. E poiché ce lo
si ripropone sembra d’averlo
fatto.
Riconoscere che c’è un dentro
vivo da esplorare non è così
semplice come si presuppone.
Oltre ad individuare il
possibile accesso ci sono una
infinità di problemi connessi da
superare prima di riuscire
nell’impresa.
Tra tutti svetta la mancanza di
coerenza.
Si
dice ma non si fa, si rimanda;
si rimanda sempre accampando
scuse e sciupando valide
occasioni.
La
vita è una spirale che punta al
centro; poco per volta conduce
al centro di sé; verso chi si è.
Spirale più o meno ampia a
seconda dell’applicazione e la
coerenza con cui ci si pone
verso la realizzazione
dell’obiettivo.
In
fin dei conti si tratta di
entrare dove era possibile solo
a chi dedicava tutto se stesso,
ogni suo momento, alla
realizzazione di tale opera.
Ma
si tratta anche di concepire il
se stesso che si è in una
dimensione sconosciuta e
profonda, oltre la ragione e la
sensibilità umana; dove la
parola morte non esiste nemmeno
e gli scopi sono proiettati
verso la realizzazione della
coscienza unica in chi non ne ha
consapevole certezza; dove gli
scopi sono quindi proiettati
anche dove noi siamo ora, visto
che non abbiamo tale coscienza; dove
il Sé che siamo istruisce l’uomo
(che noi siamo ora) affinché
acquisisca certezze attraverso
una consapevole identificazione
nello essere immortale che è
(proprio dove non si muore e la
realtà è più profonda)
divenendolo; dove la Terra sta
portando affinché, sciolta la
dualità poiché sperimentata e
concepita, la vita possa
esprimere solo datività.
Datività per tutti nella misura
di ogni bisogno. |