Equo e solidale
28 novembre 2006
Una diversa visione del mondo, se lo si vuole equo e
solidale, non può prescindere dal benessere collettivo.
Proiezione, quella attuale, di una civiltà basata su
sopravvivenza e possesso, deve cedere il passo a più alti valori che imperano
nella galassia. Deve evolvere in consapevolezza e concepire da subito di
possedere i requisiti necessari alla sua trasformazione; ad un salto di
qualità. Salto di qualità necessario per entrare a far parte di un sistema
organizzato di mutuo sostegno per la realizzazione della coscienza universale
come attributo unico di piena consapevolezza.
Allo stato attuale questa sembra una prospettiva
irrealizzabile, per lo meno in tempi brevi. Allo stato attuale però altri
aspetti prendono consistenza e questi, innovatori, hanno il compito - merito di
attuare la trasformazione indirizzando proprio verso ciò che è fonte di
attrazione; una ben definita regione della galassia, una dimensione che attrae
fortemente quando ci sono i presupposti per un passaggio dimensionale a livello
collettivo di coscienza.
Questi aspetti, proprio perché hanno il compito di
coinvolgere a livello collettivo, devono innescare processi in cui risulta
evidente l'inutilità e della sopravvivenza (intesa come istinto di
conservazione a scapito di chi più debole deve soccombere per permettere
l'altrui continuità legata e collegata con la proliferazione) e del possesso di
beni materiali che producendo ricchezza per alcuni costringono i più ad essere
uomini come natura ma non per dignità. Dignità che viene usurpata nel nome di
una evoluzione che non tiene in nessuna considerazione la coscienza ed il
sacrificio che compie nel concepire la vita.
La coscienza, schiava di pregiudizi e condizionamenti, può
recuperare il suo rango e tornare ad essere sensore collegato direttamente con
chi suo tramite presenzia da dimensioni più profonde per favorire
l'emancipazione di popoli e pianeti.
La coscienza, se non dimentica ed anzi si tiene ben salda
nella sua originaria condizione di osservatrice, non solo non disperde le sue
qualità cedendo potenza tramite l'immedesimazione, ma evita di dover poi
rincorrere il filo conduttore che la lega con chi da origine al processo.
Del resto la coscienza, vivendo vita propria scollegata da
ciò che la indirizza verso uno scopo, non può che generare sofferenza per
mancanza di capacità; non sufficientemente alimentata si ritrova in difficoltà
nell'affrontare la vita; non sa che dovrebbe solo esaminarla.
È una questione di ruoli e rapporti con le capacità
connesse.
Il ruolo della coscienza è rapportarsi tra chi la indirizza
e quello che è lo scopo dell'indagine restando in equilibrio; e cioè nella
condizione di chi esaminando coglie e, nel farlo, trasmette senza restare
invischiato nel campo della sua indagine. Quando lo fa, quando consente il sopravvento
a ciò che deve essere solo scrutato, avviene anche una animazione perché,
scaturendo energia (ed è la coscienza che la perde) questa stessa assume
autonomia relativa al ruolo della sua formazione, ma senza l'informazione che
l'ha generata. Un po' come correre senza una meta e per questo scordarsi anche
del perché si corre però si continua a farlo.
Se questo riguardando il singolo genera problemi, quando
riguarda il collettivo produce collassi. Proprio perché perdendo di vista il
motivo principale della incarnazione ci si ritrova a seguire un'energia
psichica che, sganciata, fluttua e si alimenta da se stessa senza cogliere ciò
che sta nel profondo perché non lo considera; ma anzi e ben per questo
rafforzando schemi che vengono poi interpretati come evoluzione. Evoluzione
molto lenta infatti, perché può solo fare piccolissimi passi lasciata com'è nel
suo stato (perché così vuole); stato che consente fino ad un tot e non una
piena presa di coscienza del ruolo e della funzione connessa.
Per questo motivo ogni tanto occorrono dei passaggi
qualitativi. Un riazzerare per meglio concepire ciò che non è stato possibile
realizzare poiché persi, smarriti in ciò che da elemento da esaminare è
diventato elemento autonomo ma limitato.
Così pur avendo tutti i requisiti per poter diventare in
modo autonomo una civiltà progredita e spaziale succede che la coscienza
collettiva umana ristagna in valori che in fondo offrono poco; niente
addirittura se si pensa che lo scopo da trasmettere informazioni è invece
diventato accumulare pseudo ricchezze in ogni modo possibile.
Il risveglio però è prerogativa importante; così come c’è il
risveglio dopo la notte parimenti c’è il risveglio dopo una notte collettiva
che la comunità subisce perché non capisce. Risveglio che se non è spontaneo lo
diventa nel momento in cui avviene qualcosa a sollecitarlo. Risveglio che può
ben avvenire di riflesso perché pur non riguardando in modo immediato e
strettamente personale, costringe la collettività intera ad interrogarsi per
voler capire. Ad aprire la coscienza
che, proprio per questo, può ricevere sostegno ed aiuto da parte di chi, con
l’occasione, riequilibra il contatto con ciò che l’evoluzione galattica
prevede. Occasione questa, l’apertura, che diventa elemento di attrazione da
parte di ciò che in questo vede il presupposto perché avvenga un passaggio
dimensionale. Una trasformazione spirituale che immetta dove il sentire è
unitario e collettivo e non settario ed egocentrico.
Fatto sta che a trasformazione avvenuta c’è il passaggio ma
per far sì che avvenga occorre quella apertura che accomunando fa comprendere
anche che il benessere collettivo è sostanziale per chiunque; a maggior ragione
per chi ha aspirazioni di uomo superiore ma è sempre fermo nello uomo che
evolve dall’animale senza tralasciare sopravvivenza e possesso.
Ecco, la coscienza, una volta libera dai suoi torbidi
condizionamenti, consente di effettuare proprio questo; di essere in linea con
i moti che la galassia prevede e fa sì che avvengano.
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