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Il bisogno 8 febbraio 2008 Considerando il bisogno lo stato in cui meglio si concentra la spinta verso il benessere, quest'ultimo può essere di tipo materiale e o spirituale. Una ricerca di tipo spirituale, e quindi il cammino che la determina, deve tenere in considerazione anche il benessere materiale; del fisico e della vita quotidiana. Perché nulla lo vieta. Importante però è non abusare di una condizione che, proiettata verso il perseguimento di uno scopo ben definito inerente l'anima o lo spirito, può consentire anche di potere svolgere al meglio questo compito anche dal punto di vista della quotidianità. In un cammino serio proiettato verso l'identificazione con il proprio essere superiore ed immortale, le capacità connesse che ne conseguono non devono essere considerate fine a se stante. Devono servire a far sì che lo scopo stesso venga realizzato; un vero e proprio supporto a ciò che si deve eseguire mentre si consegue l'identificazione. La crescita deve essere non soltanto a livello personale ma coinvolgente nei confronti di chi può essere attratto dalla propria opera, dal lavoro che si sta portando avanti. Evidentemente, più si è in difficoltà, tanto peggio questo lavoro potrà essere espletato. Le difficoltà psicologiche fanno trasparire sofferenza ed allontanano chi dovrebbe essere attratto. Le difficoltà economiche non consentono di potersi esprimere in ambienti dove la conoscenza di un dato progetto potrebbe dare buoni risultati a livello di messaggio trasmesso e recepito. Il benessere, in quanto piano di sviluppo collettivo, non può basarsi sullo stare male. Se si vuole indirizzare verso il bene bisogna stare bene. Essere nella condizione che lo fa apparire realizzabile. Che il vero benessere sia di natura spirituale non implica che bisogna rinunciarvi in quanto uomini. L'era del benessere collettivo, se è tale, non può prescindere dall'assetto fisico e dalla sopravvivenza intesa nel modo più ampio possibile. Conoscere la sofferenza è un bene incalcolabile, ma per superarla. E per, sapendo di cosa si tratta, evitare di non comprendere quella altrui. Il punto è però capire dove è indispensabile, dove utile e dove superflua. Perché se propedeutica verso il bene (poiché suo tramite lo si può apprezzare e costruire), quando lo scopo cessa nel senso che si opera addirittura per la diffusione del bene universale (e lo si fa in aderenza con la propria anima nel connesso processo che porta alla identificazione con la stessa) è ovvio che a nulla giova continuare a persistere in uno stato di sofferenza; sia fisica, sia psicologica, sia di tipo economico perché non si sa come provvedere ai propri bisogni. Se nei riguardi della sofferenza fisica (quando c'è) il passaggio consiste nella sua accettazione (visto che altrimenti dovrebbe intervenire il miracolo quando non si è ancora capaci di guarire e “sistemare” il corpo fisico), quella psicologica la si supera attraverso la pace interiore. Le stato d'essere che sempre più emerge quando si è proiettati verso la fusione con la propria anima. Quella più semplice, anche se così non sembra, è quella economica; il superamento dello stato di disagio economico che non consente di essere sereni quando si è inseriti in un contesto che pretende questo genere di obblighi. Vivere sulla Terra comporta esserci, vivere nella società comporta esserci accettando le regole che la determinano. Magari per migliorarla anche, ma senza estraniarsene perché non nella condizione di potervi presenziare in quanto insignificanti. Se è pur vero che la crescita vera è a livello interiore, quando si tratta di dover diffondere messaggi inerenti cambiamenti che possono avvenire anche in modo repentino, proprio perché l'opera che si conduce riguarda la collettività, bisogna anche essere nella condizione di poterlo fare. Ma proprio qui e ben per questo (visto il processo in corso tendente al congiungimento con il proprio essere interiore ed immortale che deve determinare la svolta) risollevarsi economicamente (se ce ne è bisogno) non è un problema. Avviene. E non può essere diversamente perché se così non fosse crollerebbe la struttura stessa a sostegno del progetto che prevede la comparsa sulla Terra dell'uomo nuovo; l'uomo capace di dedicarsi agli altri affinché possano ricevere ciò di cui hanno bisogno. Proprio il bisogno altrui determina il cambiamento di rotta. Si entra in una condizione atta a potere distribuire e questo comporta in automatico essere nella condizione di poterlo fare. Gli automatismi che regolano tali processi non sono di ordine mentale (in quanto pianificazioni che possono però interrompersi a causa di un intoppo), sono di natura diversa. Sono proiezioni interiori, della propria interiorità, che illuminano e permettono di superare agevolmente qualsiasi ostacolo. Va da se che non è l'uomo a comandare la proiezione, avviene. Ed avviene in virtù dell'anima che diventa sempre più percepibile (all'uomo). Alla base dell'uomo nuovo c'è l'identificazione nella sua stessa anima; è questo che lo rende tale. Ma se è così è evidente che non bisogna esercitare la volontà per costringere e o condizionare; bisogna accettare ciò che viene dato. Semplicemente ponendosi nella condizione che lo consente. Condizione che sempre più diventa spontanea poiché va a fare parte di sé; inizia ad apparire (e quindi emerge da dentro come proiezione intellegibile visto che la si constata) lo stato dell'anima. Della propria anima che (non avendo più bisogno di svegliare l'uomo verso la sua interiorità e visto il percorso che proprio l'uomo sta facendo per conseguire la identificazione) rende l'uomo capace di provvedere a se, sempre. Questo passaggio, formidabile ed al tempo stesso risolutivo, mette nella condizione di potere ben svolgere il proprio ruolo inerente al progetto che si sta portando avanti. Avere un ruolo in questo momento non può essere solo ipotesi di lavoro, se c'è deve essere espletato perché deve dare il suo contributo. Contribuire alla formazione del nuovo, visto che deve basarsi su fratellanza e benessere, prevede contatti, incontri, partecipazione attiva, diffusione di un certo tipo di conoscenza, aiutare ed essere aiutati. Dare e prendere; prendere per dare e dare per potere prendere ancora. |
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