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Risveglio nell'anima 25 settembre 2005
Apparentemente nulla cambia ed invece bisogna tenere conto di una trasformazione a livello sottile che coinvolge la parte più profonda di sé. C’è un risveglio nell’anima, in quella parte cioè non vincolata al flusso energetico dove per vita si intende la fisicità con i suoi attributi. Il risveglio nell’anima comporta per prima cosa la presa di coscienza che c’è una realtà che sfugge ma che appartiene se ci si riesce a sintonizzare con la stessa. Lo sviluppo che ne consegue apre all’ascolto nei confronti di una sensibilità diversa; una sensibilità che, oltre il piano fisico, abbraccia più mondi perché li comincia a sperimentare. L’esperienza sulla Terra è improntata sulla Terra. Esprime cioè come è possibile relazionarsi con tutto ciò che vi risiede, la costituisce e viene definito vita. Il senso della vita in questo caso è proporzionale allo sviluppo della coscienza: di cosa si è e di cosa ci si crede di essere. Oltre alla vita sulla Terra però e contemporaneamente alla stessa si vivono altre vite, parallele e che coinvolgono a livello di coscienza collettiva ed inconscia; oltre la portata della vigilità espressa durante il normale periodo di veglia. La coscienza inconscia è la faccia nascosta della realtà tangibile e fenomenica e, per cercare di capire come funziona, bisogna addentrarsi in questa realtà diversa. Per prima cosa parlare di coscienza inconscia può sembrare un non senso ed invece proprio qui sta il nocciolo della faccenda. Si ha coscienza quando si concepisce. Quando manca è perché non si ha esperienza. Non avere esperienza però non vuol dire che una certa realtà non esista, è solo un proprio limite. Non avere esperienza poi su qualcosa che non è nemmeno noto, impedisce anche di poter considerare un probabile futuro. Il coscio se vogliamo è quella parte di inconscio che in partenza rappresentava il futuro e che svelato è diventato passato. Tutto ciò a significare che l’inconscio può ben essere una realtà molto complessa ma ben ordinata e ben distribuita. Una realtà che in sé racchiude mondi il cui senso della vita può non essere coincidente con quello che si ha quando, da svegli e coscienti, si vive la realtà che coinvolge a livello fisico. C’è una parte di sé però perennemente in contatto con questa realtà. Questa propria parte, non fisica ma nemmeno residente oltre la fisicità, è un attributo del quale non si ha coscienza. Cosa questa che, visto che se ne ignora l’esistenza, impedisce anche l’approccio con un se stesso che vive ed opera in una realtà meno densa e pur tuttavia interfacciata con quella fisica perché dipendente dalla stessa per aspirazioni e senso della vita.
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