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Si diventa

 

11 dicembre 2006

 

La vigilità che si acquisisce di là dal velo è proporzionale all'inserimento nella realtà fisica di ciò che si è in strati sempre più profondi del proprio essere. E questo comporta sincronicità, interazione e reciprocità (con questa parte di sé) che vanno a determinare uno stato d'essere; un nuovo stato d'essere che vede l'uomo perfettamente in linea con una coscienza non più succube di paure ma anzi in grado di aiutare chi può avere tale genere di necessità.

 

Succede che, proprio perché sincrono e quindi centrato con la propria parte più profonda che dispone di requisiti diversi rispetto a quelli tipicamente fisici, l'uomo diventa un essere nuovo la cui mente non è più in balia dei pensieri che affollano gli strati più densi della manifestazione. Succede che, in apparenza senza pensieri (e la qualcosa può inizialmente destare perplessità), centrato in se stesso dove la vita ha valori e caratteristiche diverse (ma senza trascurare gli aspetti connessi e legati alla fisicità) l'uomo diventa l'incarnazione di chi con coerenza, avendolo deciso, va a svolgere un compito sulla Terra; un compito con una funzione connessa al ruolo che interpreta. E senza che con questo l'uomo perda sue prerogative (perché assoggettato ad un ente superiore e pertanto non più libero di agire e decidere), ma proprio in virtù di ciò che egli diventa una volta fatto il passaggio coscienziale dove è naturale questo stato d'essere di perfetta comunione tra natura fisica e spirituale.

 

Si diventa, l’uomo diventa un essere in linea con prospettive universali perché, cessando le limitazioni relative al corpo fisico, morte compresa (non più necessaria per affrancare la vita essendone ormai l’uomo consapevole avendo ormai preso possesso di quella parte di sé che oltre la fisicità risiede ed opera affinché la fisicità stessa possa avere una visione completa della vita), può dedicarsi e spingere la sua attenzione verso la formazione di basi di appoggio per la salvaguardia della libertà.

 

La libertà, strumento indispensabile per l’emancipazione di popoli e coscienze, è un bene irrinunciabile e pertanto va salvaguardato; anche per evitare che in suo nome si costruiscano imperi. Ove c’è libertà non può mancare l’armonia la cui base solidifica la fratellanza spirituale che consente di accomunare verso stessi ideali intere civiltà dedite alla elargizione di ciò che hanno e sono perché questo è il loro tipo di sentire; il loro senso della vita.

 

Essere liberi è però un cammino da percorrere perché la libertà va guadagnata, per evitare che se ne faccia un uso improprio.
Il passo più importante è liberare se stessi rendendosi liberi da se stessi; da tutto ciò che non fa percepire che oltre la pochezza del possesso c’è l’immensità di chi si è.
E liberi lo si diventa. Perché rinunciando a sé si è proprio quella parte di sé che spesso tace per permettere alla coscienza di poterla ricercare interrogandosi sui perché esistenziali. Perché se la vita ha un senso che va oltre il semplice attraversare il continente terreno, allora è anche normale che dentro di sé esista, ci sia, una propria parte che sopravvive. E che, siccome non nota e di non facile approccio, può ben essere antecedente alla propria nascita ma non libera di esprimersi fin tanto che l’uomo, liberato se stesso dal giogo del possesso, non riesce ad interpellarla.

 

Ego e possesso sono i pesi che bilanciano la vita terrena ed il loro equilibrio è la faccia contrapposta alla libertà.
Essere liberi in fondo è spezzare le catene che legano l’uomo alla Terra e non gli consentono di spaziare nei cieli della sua interiorità. E se il corpo fisico dell’uomo è fatto proprio per permettere questo tipo di esperienza (la vita sulla Terra) lo è anche a maggior ragione per rendere completa tale esperienza; essendo liberi e vivi nella fisicità.

 

Può l’uomo mutare nella pelle? Si, se lo vuole e lo fa. Basta che richiami a sé ciò che è di là dal velo della ignoranza e della incoscienza; e che da la libertà.



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