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Guardarsi dentro
28 febbraio 2006
Guardarsi dentro. E poiché ce lo si ripropone sembra d’averlo fatto.
Riconoscere che c’è un dentro vivo da esplorare non è così semplice come si presuppone. Oltre ad individuare il possibile accesso ci sono una infinità di problemi connessi da superare prima di riuscire nell’impresa. Tra tutti svetta la mancanza di coerenza. Si dice ma non si fa, si rimanda; si rimanda sempre accampando scuse e sciupando valide occasioni.
La vita è una spirale che punta al centro; poco per volta conduce al centro di sé; verso chi si è. Spirale più o meno ampia a seconda dell’applicazione e la coerenza con cui ci si pone verso la realizzazione dell’obiettivo.
In fin dei conti si tratta di entrare dove era possibile solo a chi dedicava tutto se stesso, ogni suo momento, alla realizzazione di tale opera.
Ma si tratta anche di concepire il se stesso che si è in una dimensione sconosciuta e profonda, oltre la ragione e la sensibilità umana; dove la parola morte non esiste nemmeno e gli scopi sono proiettati verso la realizzazione della coscienza unica in chi non ne ha consapevole certezza; dove gli scopi sono quindi proiettati anche dove noi siamo ora, visto che non abbiamo tale coscienza; dove il Sé che siamo istruisce l’uomo (che noi siamo ora) affinché acquisisca certezze attraverso una consapevole identificazione nello essere immortale che è (proprio dove non si muore e la realtà è più profonda) divenendolo; dove la Terra sta portando affinché, sciolta la dualità poiché sperimentata e concepita, la vita possa esprimere solo datività. Datività per tutti nella misura di ogni bisogno.
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